“Dei 5.000 medici in servizio fino a quattro anni fa – continua – adesso ne rimangono 4.400, il 30% dei quali andrà in pensione nei prossimi tre anni. Purtroppo attualmente nel Lazio ne mancano 440 e i corsi di formazione regionali non sono assolutamente in grado di soddisfare questa carenza. Il rischio è che, soprattutto nella periferia e in alcuni comuni della provincia ci siano aree sguarnite”. “Non pensiamo – tiene a sottolineare il vicepresidente dell’Omceo Roma – che l’attuale idea di riforma della medicina territoriale, basata sulla creazione delle case di comunità, possa essere una risposta, se non con un investimento importante sul capitale umano dei medici e degli operatori sanitari, perché altrimenti si rischia esclusivamente di cambiare la targa alle case della salute, chiamandole poi case di comunità”.
“L’altro pericolo – precisa De Lillo – è quello di sperperare i soldi del Pnrr su investimenti di carattere immobiliare e non sul capitale umano costituito dai medici che devono operare sul territorio, siano essi medici di base, medici della continuità assistenziale o medici specialisti che possono realizzare quella rete capillare territoriale di cui una sanità efficiente e moderna ha bisogno”.
“Tutto questo – dichiara inoltre – va sicuramente a danno dei cittadini, che rischiano di avere, soprattutto nei prossimi anni, una difficoltà a reperire il medico di libera scelta e, in ogni caso, soprattutto per quelli residenti nei comuni più piccoli della provincia o nelle aree della periferia, il rischio più grande è quello di averlo a una distanza sempre maggiore, con zone territoriali scoperte dalla rete dei medici di famiglia”.
Eppure la soluzione c’è. “La ricetta passa dalla valorizzazione del medico, dell’operatore sanitario come cardine del Servizio sanitario nazionale. Bisogna investire maggiormente nella formazione di un numero sempre più elevato di medici, specializzando più medici, laureando più medici, formando più medici di medicina generale e soprattutto – conclude De Lillo – rendendo attrattiva questa professione e impedendo che i nostri giovani vadano all’estero, dove i medici hanno retribuzioni più alte”.