MEDICI PRONTI A FARE LA LORO PARTE

Ma cosa ne pensano le categorie sanitarie sulla questione liste di attesa nel Lazio? L’abbiamo chiesto prima di tutti ad Antonio Magi, Segretario Generale del SUMAI Assoprof, il Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria di Roma e del Lazio: “Siamo pronti – sostiene il dottor Magi – a dichiarare guerra alle liste d’attesa accanto al presidente Zingaretti. Sono d’altronde due anni che siamo pronti e in attesa che la guerra inizi per davvero”. Magi detta poi la strada per vincerla: “Le armi – aggiunge – oltre agli ambulatori aperti fino alle 22, devono però includere quanto già previsto dalle norme vigenti e cioè, più concretamente, portando a 38 ore settimanali i circa 1500 specialisti ambulatoriali interni, in servizio nel Lazio, che attualmente lavorano in media 20 ore settimanali. Chiaramente, anche sostituendo i colleghi specialisti ambulatoriali che sono andati nel frattempo in quiescenza (ossia in pensione, ndr) e non ancora sostituiti. Il raggiungimento del massimale orario – ha sottolineato ancora Magi – permetterebbe così di aggiungere alle attuali prestazioni specialistiche circa 6 milioni di ulteriori esami dimezzando di fatto le liste d’attesa”. Il suggerimento che la realtà sindacale sente di dare alla Regione Lazio, quindi, è quello “di ottimizzare – conclude Magi – ciò che già abbiamo in casa invece di cercare eventuali soluzioni fantasiose. Soltanto così governeremo le liste d’attesa altrimenti, come dicono a Napoli, si fa solo ammuina oppure, peggio, si fa finta di combattere le guerre limitandosi a dichiararle senza lottare realmente”.
Bisogna portare le ore di lavoro dei medici specialisti da 20 a 38 settimanali e sostituire quelli andati in pensione
INFERMIERI PREOCCUPATI
A dire la sua sulle liste di attesa anche il comparto degli infermieri, in particolare Stefano Barone, Segretario Provinciale dell’organizzazione sindacale degli infermieri NurSind Roma: “Quello delle liste di attesa – spiega Barone – è un problema molto serio della sanità del Lazio ma non rappresenta certamente è direttamente un problema vero e proprio per il personale infermieristico. Più che altro potrebbe essere un modo questo per alimentare in negativo gli stati d’animo delle persone. Perché dopo aver aspettato tanto tempo per una prestazione o una chiamata, rischiano di arrivare emotivamente cariche in ospedale o in presidio sanitario, scaricandosi – come già accaduto in passato – contro il personale infermieristico. Per il resto le nostre figure non pagano le conseguenze negative delle liste di attesa, che invece coinvolge sopratutto il settore dei medici”, ha sottolineato Barone a il Caffè. A proposito di attese, come procedono le cose nei pronto soccorso di Roma e del Lazio? “Dunque, siamo passati dai giorni del mese di gennaio – dove ci sono stati pazienti no Covid in attesa di un posto letto per più di dieci giorni, permanendo su una lettiga in area di ps o in alcuni casi attendendo addirittura nelle ambulanze, quindi in condizioni non propriamente accoglienti – ad una situazione che migliora ma molto lentamente: questo perché, con l’emergenza pandemica, sono stati rimodulati i posti letto negli ospedali con meno disponibilità per i ricoveri non legati al Coronavirus. Auspichiamo – hanno infine concluso dal Nursind Roma – che la situazione possa normalizzarsi quanto prima”.