La scrittrice da decenni denuncia il pericolo del ritorno degli estremismi di estrema destra nella società
IL NUOVO INCONTRO CON FRANCESCO
Il 27 gennaio scorso infatti, in occasione della Giornata della Memoria, la scrittrice e il Pontefice si sono incontrati di nuovo a Santa Marta, per un’ora di conversazione ricca di aneddoti, riflessioni, scambi di doni. Il Papa ha regalato alla scrittrice uno scialle bianco, specificando: «Questo è molto caldo, visto il freddo», con una premura che ha commosso la Bruck, che ha ricevuto dal Pontefice anche una medaglia realizzata per lui a Gerusalemme. Edith Bruck ha invece donato a Francesco il suo libro “Lettere a mia madre”, una raccolta di poesie del poeta ungherese Miklós Radnóti, e del pane cotto in casa da lei stessa. «È il pane ritrovato» ha spiegato al Papa la scrittrice, specificando di averlo cotto alla stessa maniera con cui lo stava preparando la madre quando arrivarono i nazisti a deportarle, ultima immagine della vita prima del lager, che le ha ispirato il titolo di un suo importante romanzo: “il pane perduto”. All’incontro erano presenti l’assistente ucraina di Edith Bruck, Olga Ushchak, e il direttore de L’Osservatore Romano Andrea Monda.
I CONTENUTI DELL’INCONTRO

La sala stampa vaticana ha specificato che il cuore contenutistico del colloquio, molto intenso e durato oltre un’ora, è stata l’urgenza, condivisa dal Papa e dalla scrittrice, di trasmettere la Memoria della Shoah alle giovani generazioni. La Bruck ha posto l’accento sul fatto che, quando non ci saranno più i testimoni diretti, il testimone passerà agli storici e agli insegnanti nelle scuole, motivando così il suo grande impegno di testimonianza ai più giovani fatto anche in diversi istituti scolastici di Roma. «È un lavoro che mi fa bene» ha detto la scrittrice, raccogliendo il complimento del Papa che le aveva detto di averla trovata ringiovanita. Francesco, d’accordo con l’urgenza di raccontare la Shoah ai più giovani, ha aggiunto l’importanza di creare nuovi ponti tra le generazioni, per favorire la trasmissione di valori, esperienze, radici culturali che altrimenti non saranno valorizzati. In una nota dopo l’incontro la Sala Stampa Vaticana ha fatto sapere: «Entrambi hanno sottolineato il valore inestimabile della trasmissione ai più giovani della memoria del passato, anche nei suoi aspetti più dolorosi, per non ricadere nelle stesse tragedie». Tra i tanti meriti di Edith Bruck, infatti, oltre a quelli culturali, letterari, poetici, c’è quello di aver dato alla sua testimonianza di reduce una marcata impronta di profondità culturale. La scrittrice da decenni denuncia il pericolo del ritorno degli estremismi di estrema destra, dell’affievolimento della memoria e dell’inefficacia della mera retorica per combattere questa battaglia. In una recente intervista la scrittrice, finalista al premio strega del 2021, aveva rivelato che questa era già la preoccupazione di Primo Levi. «Mi chiamò al telefono quattro giorni prima di morire – ha raccontato Edith Bruck – era disperato, depresso, e ricordo nitidamente che mi disse due cose: “Era meglio ad Auschwitz. Qui ora non vedo più speranza”. E poi: “Lo vedi Edith? Negano l’Olocausto persino ora, quando noi reduci siamo ancora in vita».