Il clan Casamonica è mafia. Lo ha stabilito la sentenza dei giudici della Decima sezione penale del Tribunale di Roma, all’esito del processo di primo grado che si è tenuto nell’aula bunker di Rebibbia. Una sentenza molto importante, come spiega l’avvocato Giulio Vasaturo, legale dell’associazione Libera, che si è costituta parte civile in questo processo.
Cosa determina questa sentenza?
“Questa sentenza è molto importante perché definisce il quadro completo di ciò che sono state le grandi organizzazioni criminali tra gli anni Ottanta e Novanta. Ricostruisce le attività del clan Casamonica attivo nel quadrante sud-est della capitale. Si tratta di una sentenza che, insieme a quelle di qualche anno fa riguardanti i Fasciani, gli Spada e i Senese, traccia una mappatura della organizzazioni di stampo mafioso che vale a confutare ogni interpretazioni minimalistica di questo fenomeno criminale. La mafia è un fenomeno presente e radicato a Roma e le sentenze lo dimostrano. Alcune sono anche pronunce definitive, come quella dei Fasciani. Quindi questa è una decisione di estremo rilievo perché è la prima volta che la consorteria criminale dei Casamonica viene identificata come mafiosa e cancella l’immagine di clan dai tratti folkloristici”.
Che tipo di processo è stato?
“Si è trattato di un processo lungo e delicato, durante il quale è mancata la voce delle persone offese. I testimoni sono stati in buona parte intimiditi e hanno reso testimonianze da cui trapelava la forte pressione esercitata dal clan. Ma grazie al lavoro della Direzione Distrettuale Antimafia, della Procura della Repubblica, di polizia e carabinieri, nonostante il clima di omertà che è emerso anche in aula, è stato comunque possibile ricostruire il quadro dei crimini commessi dagli imputati”.
Sentenza storica che conferma ancora una volta che le mafie esistono a Roma, da decenni.
“Per lungo tempo si è pensato non ci fossero, finché ci sono state importanti operazioni giudiziarie da cui è emerso che Roma era divisa in quadranti: nella zona del litorale sud la prima egemonia è stata quella dei Fasciani, poi per un periodo il potere è stato gestito dal clan Spada, soprattutto nella zona di Ostia. A seguito dell’arresto di Carmine Fasciani, sono diventati più potenti gli Spada, ma dopo la testata di Roberto Spada a Daniele Piervincenzi, giornalista di Nemo (programma andato in onda su RaiDue dal 2016 al 2018 – ndr) si è segnata una svolta e anche il clan degli Spada è stato smantellato. Nella zona della Romanina, della Borghesiana, della Tuscolana e Don Bosco hanno esercitato il loro potere i Casamonica, fino all’operazione Gramigna con la quale è stato disarticolato il loro potere incontrastato, fondato sull’omertà e sull’intimidazione che riuscivano ad incutere sul territorio. Nella zona Tuscolana e centro Roma un ruolo importante è stato svolto dal clan Senese, mentre nella zona di Roma nord un dominio significativo è stato esercitato dalle mafie straniere, soprattutto albanesi. Dalle risultanze investigative, nella zona di Montespaccato è attiva l’organizzazione dei Gambacurta. Stando poi a recenti indagini, si sta ricostruendo un tessuto di rapporti che si estende fino alla zona di Grottaferrata-Frascati che coinvolge esponenti delle tifoserie calcistiche romane. Mentre nel centro di Roma, zona via Veneto, opera soprattutto la ’ndrangheta che ha eletto la Capitale sede del riciclaggio, attraverso volture commerciali o immobiliari”.
Eppure si fa fatica ad accettare che a Roma ci sia la mafia.
“Si ha una mentalità fuorviante secondo la quale se si parla di mafia a Roma si arreca danno all’immagine della città. È vero però il contrario: la consapevolezza della portata della minaccia criminale che si ha di fronte dota la città degli anticorpi per resistere a questa sfida. Se pensiamo che la Banda della Magliana non era classificata come mafia, capiamo il balzo culturale ed anche giurisprudenziale che è stato compiuto in questi anni!”.
Al processo hanno preso parte anche dei collaboratori di giustizia: un segnale importante.
“Si tratta di una grande vittoria, soprattutto perché erano collaboratori provenienti dall’interno dell’organizzazione. Come dicevamo, sono mancate le vittime dirette dei crimini: nessuno di loro si è costituito parte civile; vi erano solo le associazioni impegnate sul territorio, Caponnetto, Libera e le associazioni anti-usura. I collaboratori di giustizia sono stati determinanti per svelare i crimini commessi dagli imputati”.
Quanto sono importanti le associazioni?
“Fondamentali. Ma bisogna sempre vigilare: la nuova minaccia è rappresentata dalla possibile infiltrazione o strumentalizzazione delle associazioni antimafia da parte di esponenti legati ai potentati criminali. Un rischio presente anche nel Lazio, anche se le diverse associazioni hanno dimostrato negli ultimi anni di saper mantenere la barra dritta e di dare un contributo preziosissimo”
Cosa accade ora?
“Prima di tutto ricordiamo che la sentenza è di primo grado, quindi non è definitiva. Dobbiamo attendere gli ulteriori gradi di giudizio: l’appello e la Cassazione. Ma si tratta comunque di una pronuncia che vale come un monito di speranza, un invito ai cittadini che hanno subito estorsioni a denunciare: non siete soli, accanto a voi troverete le istituzioni e associazioni per la legalità”.