Dopo l’ultima grande moria di pesci che si è verificata nel Tevere lo scorso 26 agosto, la Procura di Roma ha aperto una indagine sui depuratori al servizio della Capitale, in particolare su quelli che scaricano prima che il corso d’acqua entri nella città eterna, quindi situati a Roma-nord. Le carcasse di pesci hanno invaso l’intero fiume, ma si sono palesate anche in un raggio molto più ampio, addirittura fuori dalla foce, tra Fiumicino e Torvajanica, località balneare situata in zona Roma-sud, nel comune di Pomezia. A sollevare i dubbi degli inquirenti sono state le altissime concentrazioni di Escherichia-Coli, ossia dei batteri presenti in fogna, rinvenuti nel fiume dall’Arpa Lazio (Agenzia Regionale di Protezione Ambientale) a partire da Ponte Milvio. Una presenza, quella dei batteri fecali in concentrazioni davvero fuori la norma, che lega come un filo rosso l’ultima grande moria di pesci del 26 agosto alle due precedenti che si sono verificate, sempre nel Tevere, il 31 maggio 2020 e il 5 luglio 2020.
LE ANALISI DEFINITIVE DI ARPA LAZIO
Prima che il Tevere arrivi nella città eterna, dentro il corso d’acqua scaricano 26 grandi aziende R.I.R., ossia a Rischio di Incidente Rilevante, comprese alcune dei settori strategici: militare, chimico, farmaceutico, etc. Eppure, le analisi dell’Arpa Lazio effettuate sull’acqua prelevata nel fiume (che il nostro giornale ha potuto consultare ) in tutte e tre le ultime morie di pesci non hanno rilevato presenze significative di metalli pesanti o altri scarti da industria ‘pesante’ ma ‘solo’ – come anzidetto – livelli di Escherichia Coli altissimi, pari a 11mila Ufc/100 ml. Quindi l’occhio degli investigatori non si concentra sugli scarichi delle industrie, ma, visto il tipo di inquinamento, sui depuratori. La legge fissa il valore massimo di 5mila Ufc/100 ml di Escherichia Coli nell’acqua in uscita dai depuratori; lo scorso 26 agosto nel fiume è stato rilevato un livello il 220% sopra il limite massimo ammesso. Il 5 luglio 2020 i livelli di Escherichia Coli hanno raggiunto addirittura il livello di 1 milione e 800mila Ufc/100ml, ossia 36mila% sopra il limite massimo ammesso dalla legge; il 31 maggio 7800 Ufc/100ml, ossia il 156% sopra il limite massimo ammesso dalla legge.
RIFLETTORI PUNTATI SUL DEPURATORE DI ROMA-GROTTAROSSA
Sono tre i depuratori Acea attivi a Roma-città: quello di Roma-est in località Tor Cervara che getta le proprie acque nell’Aniene; quello di Roma-sud in località Tor di Valle, a due passi dall’area su cui sarebbe dovuto sorgere il nuovo stadio della Roma. Ma quello maggiormente indiziato è quello di Roma nord, in località Grottarossa. Già tre anni fa cinque dirigenti del depuratore di Roma nord sono stati condannati (almeno in primo grado, il secondo grado, ossia il processo di appello, è ancora in corso) per aver fatto defluire nel Tevere acque non correttamente trattate e fanghi di depurazione.
TEVERE DA BERE PER ROMA E PROVINCIA
Il problema della qualità dell’acqua del fiume è rilevante però non solo per gli aspetti ambientali, ma anche e soprattutto perché l’Acea ha intenzione di portare l’acqua del Tevere nei rubinetti delle case di Roma e provincia, grazie al suo primo ‘potabilizzatore’ delle acque del Tevere situato in località Grottarossa ossia, ironia della sorte, proprio a ridosso del depuratore di Roma nord oggetto delle attenzioni di investigatori e inquirenti. Parliamo di un impianto industriale che avrà il compito di succhiare 500 litri di acqua al secondo da uno dei fiumi più inquinati d’Italia e servirà – come anzidetto – la Capitale più l’intera provincia, ivi inclusi tutti i comuni dei Castelli Romani, più Pomezia e Ardea. Il potabilizzatore del Tevere è stato richiesto da Acea ed approvato col “sì” del Campidoglio a trazione M5S il 20 dicembre 2017. Poi ha ricevuto anche un sofferto via libera della Regione Lazio, a trazione PD, il 13 aprile 2018. L’impianto industriale è stato costruito tra giugno e novembre 2018 e inaugurato dalla sindaca Raggi e dai vertici Acea, ma a porte chiuse, senza la presenza dei cittadini e della stampa, il 12 dicembre 2018. L’impianto, finito e ultimato da quasi tre anni, non è ancora mai stato avviato. Manca solo l’ultimo via libera della Giunta Zingaretti che tarda però ad arrivare e resta quindi ‘congelato’. Tra l’altro, il ‘potabilizzatore’ Acea di Grottarossa sarà solo il primo al servizio di Roma e provincia. Il 27 novembre 2020 la Conferenza dei sindaci di Roma e provincia – guidata dal Campidoglio – ha approvato all’unanimità anche un secondo ‘potabilizzatore’ Acea, che sorgerà in località Saxa Rubra – proprio dietro gli studi Rai – che tratterà ben 3mila e 500 litri di acqua al secondo, sarà quindi 6 volte più grande del primo e costerà 70 milioni di euro.
LE ANALISI DISCOLPANO LE STRADE DI ROMA E IL MONDO AGRICOLO
Le analisi dell’Arpa Lazio (che il nostro giornale ha potuto consultare) escludono totalmente la possibilità – sollevata frettolosamente da alcuni organi di stampa – che il problema della moria di pesci nel Tevere possa essere stato causato dalle piogge di fine agosto che avrebbe trasportato residui di rifiuti e sporcizia dalle strade nell’acqua. L’assenza totale di idrocarburi (composto chimico che le automobili disperdono sull’asfalto) è una prova che lascia poco spazio all’immaginazione. Alcuni articoli hanno puntato il dito anche contro il mondo dell’agricoltura: è infinitesimale la quantità di glifosato e Ampa (due erbicidi molto diffusi) rinvenuta dai tecnici regionali nel Tevere. Pochissimi anche gli insetticidi. Tra questi ultimi, solo la cipermetrina supera appena il limite di legge, ma questa sostanza non è tossica per i pesci e “la concentrazione rilevata – specificano i tecnici regionali dell’Arpa Lazio nella loro relazione tecnica – appare nettamente inferiore a quelle necessarie per indurre un fenomeno acuto di moria di pesci”.