Antonio Di Maggio è il Capo della Polizia di Roma Capitale dal marzo dello scorso anno… le possiamo chiedere un primo bilancio di questo anno e mezzo?
“Il bilancio è positivo, abbiamo riorganizzato i servizi e aumentato fortemente tutti gli aspetti connessi ai settori operativi. C’è stata poi l’immissione nel corpo di 1.000 nuovi agenti che danno il massimo e con grande motivazione. Stiamo cambiando le uniformi del personale in modo che siano uguali per tutti, uomini e donne, con materiali innovativi e una nuova fondina che garantisce la facilità di estrazione per l’operatore e la difficoltà di estrazione da parte di estranei. Per tutti i nuovi colleghi abbiamo anche previsto due addestramenti per l’utilizzo dell’arma, a garanzia loro e di tutti i cittadini, sperando naturalmente che non la debbano mai usare. Abbiamo anche acquistato una serie di strumentazioni che servono a verificare la falsità documentale. Oltre al nuovo personale e alle nuove tecnologie c’è anche un nuovo modo di impostare i servizi, basato sul presidio del territorio: abbiamo richiesto 90 nuove autoradio in modo che si possa avere maggior controllo in alcune aree. Ci sarà entro febbraio l’immissione di altri 300 agenti distribuiti in tutta la città, e anche questa nuova immissione è un fatto storico. Non era mai successo che ci fosse un’immissione così grande di nuovi poliziotti: forse sono cose che si dicono poco, visto che poi molti passano il tempo a criticare questa amministrazione, ma davvero sfido a trovare un comune con infiltrazioni pesantissime della criminalità organizzata come hanno chiarito i processi di Mafia Capitale che avevano in qualche modo condizionato tutta la struttura del comune. Nonostante questo devo dire che la Giunta guidata dalla sindaca Raggi è riuscita a risollevare tutto”.
A proposito, come sono i rapporti con l’attuale amministrazione?
“Lo dico tranquillamente, in precedenza non ho votato per questa amministrazione, parlo liberamente: ho preso atto che questa amministrazione è composta da persone per bene e oneste che stanno cercando di portare avanti contenuti reali e vicini ai cittadini. Un compito che viene portato avanti con gravissime difficoltà e con critiche univoche da parte di tutto il mondo politico, una cosa devo dire mai accaduta prima d’ora”.
Lei ha vissuto da vicino i problemi della periferia romana, ci racconta quel periodo?
“Io ho lavorato 24 anni come agente a Tor Bella Monaca e devo dire che i problemi vengono da lontano, soprattutto nello sviluppo indiscriminato di zone che hanno accolto grandi quantità di persone senza offrire loro nulla, oltre ad un tetto: senza servizi adeguati, senza infrastrutture. Questo ha favorito la nascita di veri e propri quartieri ghetto, con strade dissestate, strette, difficilmente percorribili e con questi casermoni costruiti con l’illusione di una vita comunitaria, dove invece dentro c’è finito di tutto. Famiglie e soggetti criminali provenienti soprattutto dalla Campania hanno occupato le case di Tor Bella Monaca e in questo modo abbiamo importato la camorra: difficile stroncarla, perché si arrestano 40 persone e ne arrivano altrettante il giorno dopo a sostituire gli arrestati. Diventa davvero complesso interrompere un giro così grande e radicato e a risentirne, a ricasco, sono tutti i cittadini. Molti si lamentano della carenza dei servizi sociali, ed è vero che in alcuni casi sono carenti, ma è altrettanto evidente che per sostenere i costi di tutti gli interventi necessari non basterebbero i soldi nelle casse del comune: serve un aiuto da parte dello Stato e invece mi sembra che tutti parlino di periferie ma poi nessuno intervenga concretamente. Eppure è fondamentale perché la stragrande maggioranza di chi abita questi quartieri è composta da persone oneste che vivono in molti casi con situazioni di estrema difficoltà e disagio”.
Il poliziotto di quartiere è la soluzione?
“Ce ne vorrebbero troppi e poi di fatto noi già siamo nei quartieri, abbiamo rapporti diretti con il territorio, sia con i commercianti che con i comitati di quartiere ed è fondamentale avere dei referenti per interloquire al meglio con i cittadini. Certo ci vorrebbero molti più agenti per un vero poliziotto di quartiere. Roma ha un’estensione enorme: se pensiamo che Milano ha 3.000 agenti per 160 chilometri di territorio, l’equivalente di 2 nostri quartieri come Tor Bella Monaca e Centocelle insieme, dove noi, invece, disponiamo in totale di circa 400 agenti. Il nostro obiettivo è arrivare a 8.000 agenti nel Corpo (ora sono circa 5.900) in modo da averne 400-550 a quartiere”.
In questa città c’è un po’ di allergia per le regole, che ne pensa?
“Molti romani sono molto refrattari alle regole: tutti accompagnano i figli a scuola a cento metri da casa con la macchina e la mettono in doppia fila; tutti vanno a prendersi un caffè alle 11 e lasciano la macchina a intralciare il traffico. Dobbiamo registrare anche le aggressioni continue ad agenti del corpo, impegnati solo a far rispettare la legge. C’è un blog che dice che Roma fa schifo, io ritengo che alcuni cittadini romani facciano schifo: come si fa a gettare un materasso, un frigo in mezzo alla strada o ad occupare un posto per disabile? Ci vuole una ribellione dei cittadini per bene, che sono la stragrande maggioranza, contro queste persone”.
Ci sono solo le periferie oppure anche il centro ha i suoi problemi?
“Al centro ci sono i soliti problemi: parcheggi selvaggi, parcheggiatori abusivi e poi venditori abusivi. Quest’estate abbiamo organizzato un presidio rafforzato al Colosseo ma eravamo 50 agenti ed è difficile avere sempre tutto questo personale. Anche perché qui davvero tutti questi venditori abusivi arrivano con la tratta, ci sono delle quantità ingenti di esseri umani che comprano questi viaggi della speranza e arrivati qui hanno bisogno di fare qualsiasi lavoro e il primo che gli capita è o il venditore ambulante oppure vanno nelle frutterie che io definii etniche e venni preso d’assalto, ma poi si sono rivelate per quelle che erano: luoghi di sfruttamento dove si lavora anche 24h per paghe misere. È chiaro che il comune da solo non può affrontare un problema di questa portata, qui ci deve essere una decisione politica, lo Stato deve intervenire e deve chiarire cosa intenda per integrazione e fornire strumenti normativi, chiari e ben strutturati”.
È sempre stato il suo sogno fare il poliziotto?
“In verità no, io sono entrato come operaio nel Comune di Roma, poi c’è stato un concorso interno e sono diventato poliziotto. La mia scuola di formazione è stata sicuramente Tor Bella Monaca. Lì ho capito cosa significasse fare il nostro lavoro: era molto di più, bisognava rimboccarsi le maniche e mi sono dovuto preparare, studiare degli argomenti che lì erano comuni e non esistevano nel centro della città. Come dico sempre, ho fatto di necessità virtù”.
Il futuro di Di Maggio, visto che è arrivato alla pensione…?
“Veramente io sono già in pensione e non so se tecnicamente è possibile ma se l’amministrazione ritenesse di prolungare per un altro anno io non ho difficoltà a mantenere la carica fino alla naturale scadenza del mandato della sindaca e penso di poter continuare a dare il mio contributo a questa città”.
Luca Rossi