Il corso
Rassicura uno degli istruttori, Mario Sapia – “è molto semplice”. “Durante la lezione spieghiamo che cos’è è come avviene un’aggressione, cosa vuole dire essere aggressore e cosa essere vittima. È fondamentale che di fronte ad una aggressione la persona aggredita riesca a reagire”. Per illustrare come questo si traduca nel concreto, verranno mostrati degli esempi con la segnalazione di alcune situazioni da evitare per prevenire una possibile violenza. Sapia ne snocciola alcuni: “Tanto per cominciare – dice – occorre evitare di andare a prendere la macchina in garage sempre alla stessa ora, perché in genere il serial studia le mosse e pianifica l’aggressione”. Attenzione poi a dove si posizione la borsa in macchina: mai sul sedile accanto al guidatore, perché facilita il tentativo di furto. O, ancora, nei grossi parcheggi dei supermercati “fare attenzione a non trovarsi mai da sole”. Consigli di buonsenso, per lo più, ma a cui non si fa ancora abbastanza attenzione. E che meriterebbero invece di essere tenuti sempre a mente. “La cultura della prevenzione, che non si fa per nulla nelle scuole – ricorda Sapia – viene incentivata anche fornendo dei casi studio indicativi, insieme a piccoli suggerimenti per non incappare in esperienze spiacevoli”. Oltre alla parte teorica, ci sarà anche qualche apprendimento ‘pratico’ da portare a casa: “Nel corso della lezione – promette – insegniamo anche poche cose da fare, semplicissime, con il metodo krav maga. Una tecnica che si impara in quattro, massimo cinque lezioni. Cosa fare, per esempio, per uscire fuori dalla presa di una mano, o da una presa al collo”. Il metodo krav maga, di origine ebraica (letteralmente: combattimento con contatto) nato nella prima metà del XX secolo grazie a Imi Lichtenfeld, è una delle tecniche di autodifesa personale che va oggi per la maggiore, anche per la facilità di apprendimento. “Con quattro lezioni fatte bene – assicura Sapia – uno riesce già a dare una risposta concreta ad un aggressore”. E conclude: “Ho tante testimonianza di sventate aggressioni per la capacità appresa delle vittime di reagire”.
Elena Paparelli