Roma ‘invita’ ai Musei Capitolini il maestro spagnolo Francisco de Zurbarán, uno dei più grandi interpreti della pittura spagnola del cosiddetto “Siglo de Oro”. Lo fa dal 17 marzo al 15 maggio con l’arrivo del San Francesco contempla un teschio, opera prestata dal Saint Louis Art Museum, uno tra i più impressionanti dipinti del formalismo mistico del maestro spagnolo, costituisce pertanto un’occasione d’eccezione per conoscere da vicino il suo peculiare linguaggio pittorico, la cui lezione fu compresa per primi dai pittori francesi dell’Ottocento e riconosciuta dalla critica italiana e internazionale solo a partire dagli anni Venti del Novecento. La scelta di allestire l’opera nella Sala Santa Petronilla la pone idealmente in dialogo sia con le due tele di Caravaggio in essa presenti, la Buona Ventura e il San Giovanni Battista, sia con il Ritratto di Juan de Córdoba di Diego Velázquez: quattro capolavori, dunque, eseguiti nell’arco di circa cinquant’anni, il cui accostamento offre una riflessione sull’arte dei tre protagonisti della pittura seicentesca. Il progetto espositivo Zurbarán a Roma. Il San Francesco del Saint Louis Art Museum tra Caravaggio e Velázquez è promosso da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è curato da Federica Papi e Claudio Parisi Presicce. Il San Francesco contempla un teschio del Saint Louis Art Museum, in origine parte di una pala d’altare (retablo) conservata nella chiesa carmelitana del collegio di Sant’Alberto a Siviglia, nonostante le dimensioni contenute, costituisce una delle raffigurazioni più affascinanti del fraticello d’Assisi. Il santo, vera e propria ossessione pittorica dell’artista (che ripete il soggetto in altri lavori nel corso della sua attività), è raffigurato in piedi, con il caratteristico abito dei cappuccini mentre contempla un teschio che tiene tra le mani. L’aspetto severo e monumentale della composizione è accentuato dal forte rigore geometrico, dalla verticalità del cappuccio e delle pieghe della veste che cade dritta fino a terra lasciando scoperte soltanto le punte delle dita dei piedi scalzi. Il dialogo silenzioso tra il santo e il cranio simboleggia il passaggio dalla vita alla morte alludendo alla fragilità dell’esistenza umana, un tema ricorrente nell’arte barocca spagnola e in generale in quella della Controriforma. Il processo creativo e visivo è dunque lento e non immediato, come avviene in Caravaggio, e le luci e le ombre non assumono un valore naturale bensì simbolico e spirituale. Il santo, nella sua ascetica contemplazione del teschio, si mostra distaccato e inafferrabile, immerso in una dimensione mistica che trascende la percezione di chi lo guarda.