Si tratta di un’urgenza sulla quale concentrarsi con dedizione e per capirlo è sufficiente chiamare in causa i dati italiani su una delle principali conseguenze della suddetta patologia, ossia la perdita dei denti. Secondo un sondaggio firmato Doxa, solo il 30% della popolazione over 40 ha tutti i denti naturali.
Il problema verso il quale puntare il dito è l’infiammazione gengivale, criticità che si associa a una progressiva perdita del sostegno dentale, il che porta a una situazione di mobilità dei singoli denti e, infine, alla loro perdita.
Considerato l’impatto negativo che tutto comporta sulla qualità dell’esistenza – e sui bilanci sanitari – tre anni fa sono state elaborate nuove Linee Guida Europee per la gestione della parodontite grave che, numeri alla mano, espone a un grave rischio il sorriso di circa 3,5 milioni di italiani.
Cosa prevedono? L’orientamento scientifico vede in primo piano quando si parla di gestione dei quadri gravi di parodontite un approccio curativo multidisciplinare.
Oltre al parodontologo, punto di riferimento per quanto riguarda terapie come il curettage gengivale e la levigatura delle radici, devono intervenire pure gli igienisti e gli endodontisti, che si occupano in maniera specifica di curare le condizioni patologiche che colpiscono la polpa dentale e i tessuti che la circondano.
Il passo iniziale dovrebbe sempre essere, secondo gli esperti della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia, il focus sulla risoluzione dell’infiammazione batterica che è alla base dell’insorgenza della parodontite.
L’orientamento è chiaro: il gold standard dovrebbe essere un percorso che parte con la messa in sicurezza del tessuto gengivale che sostiene il dente.
Da bandire è l’approccio drastico, illusoria strada all’insegna della semplificazione.
Il percorso giusto da seguire, secondo le linee guida, è interdisciplinare e mirato a conservare più denti possibili, intervenendo con impianti per sostituire quelli persi ed effettivamente impossibili da salvare.
Ovviamente è necessario ragionare in ottica di massima personalizzazione, il che può voler dire optare per il ricorso, dove non sono indicati gli impianti, a protesi mobili.
La sfida più rilevante è però da ricondurre alla prevenzione primaria e secondaria, mirata a evitare che si arrivi all’estrema gravità dei quadri di parodontite al quarto stadio.