Le nostre coste ogni anno si riducono sempre di più, a cosa si può imputare questo costante arretramento? “A Ostia, il confronto tra le linee di riva storiche ha evidenziato un’alternanza di tratti in erosione e in avanzamento. La sostanziale stabilità riscontrata è frutto di pesanti e continui interventi con opere rigide e ripascimenti economicamente gravosi. La Regione Lazio ha programmato per la zona del canale dei pescatori, dei pennelli di contenimento a forma di T al fine di creare una cella di contenimento, ma essendo opere rigide, oltre ad essere soluzioni palliative, innescano meccanismi di erosione nelle zone limitrofe. L’erosione è innescata anche dalla presenza di opere antropiche che interrompono e deformano la linea costiera naturale, le correnti deviate compromettono la stabilità delle stesse costruzioni”.
L’intervento dell’uomo è quindi la causa dell’erosione costiera? “L’erosione della costa è il risultato delle alterazioni del ciclo dei sedimenti determinate da cause naturali e antropiche. I fattori naturali hanno un ruolo predominante, soprattutto nel lungo periodo. Gli interventi antropici amplificano questi effetti, ad esempio la massiccia estrazione di materiali dagli alvei fluviali unita agli interventi di regimazione, causa l’impoverimento dell’apporto di materiale solido dei fiumi”.
Per quanto riguarda le recenti operazioni di ripascimento fatte a novembre con uso di ruspe? “Innanzitutto è sbagliato il periodo, l’intervento così si trasforma in un palliativo. Inoltre, l’uso di mezzi meccanici che giungono in profondità incrementa l’erosione sulle coste sabbiose in quanto la rottura degli aggregati di sabbia libera le singole particelle causandone la dispersione. L’uso di tali veicoli determina la variazione dei caratteri morfo-topografici e l’usura della spiaggia, rendendola più vulnerabile alle mareggiate”.
Le particelle di sabbia però non solo si disperdono, ma si riversano sulla carreggiata durante le giornate di forte vento creando pericolosi cumuli. “In questo caso sono necessarie barriere frangivento per limitare la dispersione di sabbia. Il posizionamento di tali strutture sugli arenili impedisce il trasporto eolico e il conseguente deposito della sabbia sulla strada del lungomare, da gestire poi come rifiuto urbano. Le particelle non vengono perse dal sistema spiaggia solo se sono trattenute dalla vegetazione come quella sulle dune, da tronchi o da barriere frangivento.
Quindi le barriere erette lungo tutto il litorale di ponente possono essere considerate idonee? “L’incannucciata di ponente può essere considerata un intervento positivo per risolvere il problema del trasporto eolico, ma l’installazione è sbagliata perché dovrebbe essere più modulare, orientata considerando il vento e dovrebbe essere molto più distante dalla battigia, messa così oltre a essere sollecitata durante le mareggiate, incrementa l’erosione costiera nel tratto, poiché l’onda trova un ostacolo al suo libero movimento”.
Una valutazione sul posizionamento delle passerelle in cemento, già pericolosamente disconnesse nel giro di un mese dalla loro installazione? “E’ un intervento invasivo e non in linea con i principi di tutela ambientale e di riduzione del consumo di suolo. Le operazioni di livellamento eseguite per il posizionamento delle passerelle incrementano le perdite di sedimento, oltre a determinare il compattamento dei sedimenti e quindi la perdita di ingenti quantitativi di sabbia. Tutto ciò fa sì che la forza erosiva diventi più rapida e intensa. Le passerelle dovrebbero essere realizzate in legno, in fibra di cocco o di juta o con altro materiale ignifugo ecocompatibile, al fine di garantire un minore impatto ambientale. L’accesso alla spiaggia dovrebbe essere realizzato con percorsi sinuosi, così che il vento non possa incanalarsi”.