Abbiamo incontrato Mauro Maurelli guida, dal giugno 2020, la Federbalneari Lazio e la Federbalneari Italia.
Presidente Maurelli, che stagione si aspetta per i balneari della nostra Regione?
“Finalmente fuori dalla guerra del Covid, eravamo pronti a vivere una stagione normale. Invece dobbiamo capire che impatto avrà sull’economia l’assurda guerra che soffia alle porte dell’Europa. Il turismo del Lazio si è dimostrato capace e professionale nel rispondere all’emergenza sanitaria, adottando ogni misura cautelativa. Supporteremo al meglio il desiderio di vacanza”.
Tra 2 anni le concessioni balneari saranno riassegnate attraverso una gara pubblica qual è la vostra posizione?
“In tutta la nostra storia, non siamo mai stati sfavorevoli alla concorrenza, purché con regole che tengano conto del processo compiuto dalle nostre imprese, che hanno saputo creare un modello turistico che funziona e che ha tenuto salda l’economia, anche sotto pandemia. Il turismo rappresenta il 14% del Pil italiano, il 5% di questa percentuale è prodotto dal sistema balneare. Ora ci aspettiamo una riforma che non vada a sgretolare tutto ciò: dialoghiamo con il Parlamento e siamo fiduciosi che modifichi ciò che non va. Bisogna innanzitutto tutelare l’impresa del mare. La riforma non tiene sotto il profilo economico: si creano le condizioni perché le imprese restino senza investimenti e vengano private della loro legittimità. C’è il rischio concreto che scadano nell’abusivismo se la riforma non riuscirà a venire compiuta negli esigui tempi previsti”.
L’Iva nei servizi balneari deve scendere dal 22 al 10%. Nel resto d’Europa è al 5,5%
Ad Ostia e in altri siti nelle stagioni scorse c’è stato qualche aumento di troppo, un fatto che non aiuta la categoria.
“In realtà i prezzi sono stabili dal 2018, ma se il legislatore vuole andare incontro al consumatore, noi ci siamo e abbiamo anche da tempo indicato la strada. Una perfetta soluzione per il pubblico è allineare l’iva dal 22% al 10%, come peraltro avviene nel comparto turistico-ricettivo. Questo, da sempre un cavallo di battaglia di Federbalneari Italia, ci avvicinerebbe tra l’altro anche alla media europea dell’iva per il turismo, attestata al 5,5%, esponendoci a una concorrenza estera sleale”.
Anche se si tratta di un bene demaniale molti balneari si sentono defraudati di un bene su cui negli anni hanno investito, basterà secondo lei l’indennizzo statale di cui si parla nel testo della riforma?
“L’indennizzo statale non è sufficiente: riguarda la cessione del bene, mentre va calcolato anche il valore dell’azienda, costruito in anni e anni di lavoro. La norma va rimodulata in modo tale anche da consentire agli imprenditori di fare investimenti fino alla fine del periodo concessorio, in un circolo virtuoso a tutto vantaggio del sistema turistico italiano. Le professionalità acquisite sono rilevanti per la continuità d’impresa: se la concessione venisse affidata a gestori impreparati, a pagarne le conseguenze sarebbe il Sistema-Paese, con un depauperamento della propria offerta turistica”.
Solo con la continuità delle concessioni possono esserci investimenti
A livello nazionale avete denunciato un errore di calcolo che poi è alla base della sentenza della Corte Europea, e cioè che le coste italiane siano un bene scarso, visto che non sono state contate le coste di laghi e fiumi che portano quasi a decuplicare il numero di km quadrati.
“È così. Il Governo ha basato la riforma su un censimento che registra 7500 km di coste, dei quali 2500 occupati. Abbiamo fatto notare che i km di coste sono in realtà 64766, visto che devono essere calcolati anche laghi e fiumi, che sono inclusi nella riforma. Come è piuttosto evidente il bene è tutt’altro che scarso. Non si può impostare una riforma su un calcolo macroscopicamente sbagliato”.
L’altro punto è quello delle concessioni ai circoli, alle strutture ricreative, a Roma e nel Lazio ce ne sono moltissime…
“Sì, sono moltissime ed è importante che siano incluse nelle pianificazioni e non ci siano disparità di trattamento tra concessioni a tutela di una leale concorrenza”.
Qual è il tessuto imprenditoriale della nostra regione, molte imprese balneari sono a conduzione familiare…
“Nel Lazio le concessioni balneari sono circa 700: 550 afferiscono al settore turistico-ricreativo, le altre a quello nautico. Di queste, 400 circa aderiscono ad associazioni, 300 imprese a Federbalneari Lazio. Si tratta di PMI o micro imprese, per la gran parte gestite da famiglie, ma perlopiù molto strutturate e organizzate, eccellenza riconosciuta a livello globale”.
Quanto dovrebbe durare una concessione affinché sia un investimento conveniente?
“Se sapremo dare continuità alle imprese lo faremo anche per gli “investimenti”. Si può pensare ad un regime differenziato, con una durata che può andare dai 6 ai 40 anni, a seconda della pianificazione delle infrastrutture di ciascuna realtà costiera”.
La discussione di questa riforma, di fatto, rischia di bloccare ogni tipo di investimento e di migliorìa per i prossimi due anni.
“Sì, questo è un rischio concreto e pericoloso. L’incertezza che aleggia mette l’imprenditore nell’impossibilità di fare investimenti e questo va a danno innanzitutto del sistema turistico italiano”.
Quali progetti avete come Federbalneari Lazio per rilanciare il turismo costiero?
“Federbalneari è impegnata a delineare un modello che si ispiri a principi di sostenibilità ambientale, capace di innescare un processo di investimento in riqualificazione dell’offerta di prodotti e sulla destinazione turistica e su potenzialità dei territori”.