Oggi la situazione è decisamente peggiorata per noi negozianti: sono cambiate le abitudini, la gente, soprattutto i giovani preferiscono andare nei supermercati. Se tornassi indietro non farei la stessa scelta” dice Michele. Che aggiunge: “tra l’altro le istituzioni, a tutti i livelli, non ci aiutano per niente. Anzi, non facciamo altro che pagare tasse su tasse”. E per quanto riguarda il futuro, dice che “è una delle mie angosce più grosse. Continuo a tenere aperto perché ho comprato le mura del mio negozio, altrimenti avevo già chiuso da tempo”, come del resto hanno già fatto in molti. “Il quartiere sta morendo” conclude Michele mentre Maria Pia, annuendo, sorride tristemente. Dunque non c’è speranza? “Forse un po’. Ultimamente – dicono i due fratelli – la gente sta cominciando ad ritrovare il gusto di andare nel negozio di quartiere, di fare due chiacchiere, di conoscersi”.
Proseguendo nel nostro viaggio tra i commercianti di via Maes incontriamo Alessandra e Antonella, due sorelle che, insieme ad Alessia, portano avanti con competente professionalità la boutique di abbigliamento aperta nel 1968 dalla signora Francesca, la loro mamma. “La strada ha attraversato periodi magnifici, era piena di attività che portavano gente, lavoro e lustro. Il nostro negozio – dice con orgoglio Antonella – era famoso in tutta Roma anche grazie alla personalità e capacità della sua fondatrice. Poi le cose sono cambiate: è arrivata la crisi e molti commercianti hanno cominciato a chiudere. Noi abbiamo sempre cercato di tirare avanti, facendo parecchi sacrifici”. Alessia sottolinea che “è cambiata pure la clientela. C’è più arroganza, meno fiducia”. Gli fa eco, concordando, Alessandra, che aggiunge: “Sono anche cambiate le abitudini di vita e di acquisto, molti spendono meno per aiutare figli e nipoti che sono senza lavoro”. Oltretutto “Ci sono state diverse variazioni del senso di marcia di via Maes, che sembra una sciocchezza ma hanno creato problemi di viabilità e visibilità non solo a noi ma a tutti i negozianti della zona”. Senza contare il fatto che per le attività commerciali “non c’è nessun aiuto, anzi tutt’altro. Il mondo del commercio, fatto di piccole e medie imprese che sono il tessuto sociale dell’Italia, è completamente abbandonato”. A fronte di tutto questo “dopo anni e con un gran magone, nonostante abbiamo tante affezionate clienti, a chiudere ci abbiamo anche pensato” dice ancora Antonella, che conclude sottolineando l’importanza del negozio di quartiere: “In questi anni, in un’atmosfera familiare di accoglienza, abbiamo ascoltato chiacchiere, confidenze, sfoghi, lacrime. Ma anche tante risate”.
La speranza e l’augurio, per via Maes tutta, è che torni ad essere animata da ottimismo e sorrisi.
Cristina Di Giorgi