Come in Russia, precisamente a Mosca, c’è un Istituto di Cultura Italiana, dipendente direttamente dal Ministero degli Esteri, anche a Roma esiste un Centro Russo di Scienza e Cultura che dipende direttamente dal Ministero degli Affari Esteri russo e che rimane un collegamento ancora vivo tra due popoli e due culture ricche come quella italiana e quella russa. Il centro è aperto dal 2011 e si trova in un palazzo del 1600 a pochi passi da Campo dei Fiori. A guidarlo, dal 2019, c’è Daria Pushkova, giornalista e conduttrice, prima per la BBC e poi nella tv nazionale russa, finché il Ministero degli Affari Esteri non l’ha chiamata a ricoprire questo ruolo. “L’Italia e la città di Roma mi piace molto. Quando sono arrivata mi sono trovata subito bene, a mio agio. Certo poi è scoppiata la pandemia, a sei mesi dal mio arrivo, e abbiamo dovuto chiudere, organizzarci con eventi e corsi online e poi abbiamo riaperto, poi richiuso. E ora, quando il covid sembrava essere quasi passato arriva questo conflitto geopolitico ed è una nuova sfida per me, per noi, ma direi per il mondo intero, perché credo che davvero la cultura può andare al di là di tutto”. La Direttrice della Casa Russa a Roma parla un ottimo italiano anche se vorrebbe impararlo ancora meglio “perché sono in un centro di cultura e la lingua italiana è così bella, merita rispetto e chi la parla deve parlare bene”. Alla domanda sul cosa l’abbia spinta a rimanere qui, a Roma, risponde che “ogni età ha la sua sfida, per me era giunto il momento di cambiare e poi mi piace tantissimo l’Italia perché trovo tanti punti di contatto tra la vostra cultura e quella russa. Ad esempio mi ricordo proprio nel 2019 una visita al Castello di Gradara, dove ci sono opere meravigliose ma soprattutto dove si è consumata la storia di Paolo e Francesca che Dante racconta nella Divina Commedia, così l’anno dopo abbiamo organizzato un concerto, perché due compositori russi tra i più famosi al mondo, e cioè Tchaikovsky e Rachmaninoff, hanno composto un’opera dedicata proprio a Francesca da Rimini, e lo abbiamo fatto per omaggiare il Sommo Poeta nell’anno in cui iniziavano le celebrazioni per i 700 anni dalla sua morte, chiamando musicisti dall’Orchestra Sinfonica Statale di Mosca. Ecco, queste sono manifestazioni bellissime, sono occasioni di incontro e di unione che non possono essere cancellate”. Come vivete quello che sta accadendo? “Io credo che il popolo italiano e il popolo russo abbiano una storia in comune che va avanti da secoli mentre quello che stiamo vivendo ora è qualcosa di momentaneo, è un momento geopolitico dato dalle condizioni in cui siamo ma passerà e non possiamo cancellare tutto perché abbiamo secoli davanti a noi e cancellare una cultura significa cancellare la terra dove camminiamo”. Cosa state facendo in questo momento, le vostre attività sono bloccate? “Diciamo che stiamo andando avanti con tante attività più private, quindi con i corsi di lingua russa ad esempio, che, è paradossale, ma hanno avuto un grande aumento di iscrizioni, e anche questo lo considero un altro importante segnale dell’amicizia che c’è tra noi e il popolo italiano. Certo tutte le altre attività più pubbliche, come organizzare un concerto con artisti russi e italiani oppure partecipare ad una mostra, tutte queste attività per il momento le abbiamo messe in pausa”. Percepisce un clima mutato da quando è iniziata la guerra, di diffidenza o, addirittura, di odio? “Devo dire che gli italiani capiscono di più, sanno che in ogni conflitto ci sono prima di tutto degli uomini che soffrono e non vedono tutto o bianco o nero, come purtroppo succede in tanti altri paesi e posso dirle che non sento questo odio, questo rancore”. Sui mass media però la situazione è diversa… “I media non sono interessati a chi costruisce la pace, soprattutto la tv deve alzare share, deve presentare qualcosa che ti prende e ti tiene attaccato allo schermo ed è più facile che si discuta. Ma devo dire che anche lì sto notando un cambiamento, rispetto alle prime settimane di copertura mediatica, ci sono inviti anche a persone russe, gli italiani sono empatici, sanno soffrire con chi soffre e si immedesimano con i bambini ucraini, con i profughi ucraini, con i soldati ucraini e anche con i soldati russi, tutti stiamo soffrendo.” Quale può essere il ruolo del vostro centro in un momento così delicato? “Il nostro Centro Culturale è un luogo che ha sempre riunito, russi sì, ma anche ucraini, moldavi, usbeki, perché qui c’è musica, arte e cultura e chi la ama sa che non ci sono differenze, perché la bellezza ha un linguaggio universale. Vediamo chi tornerà, ma noi siamo sempre pronti a ospitare tutti coloro che amano la cultura russa”. Spesso per chi si occupa di cultura, c’è l’accusa di fare propaganda. “Guardi, quando l’Italia ha espulso 30 diplomatici russi, un numero mai visto nella storia dei rapporti bilaterali tra le due nazioni, io ho pensato che forse sarebbe toccato anche a me e invece sono rimasta e credo che sia perché la cultura costruisce ponti. Le dico ad esempio che nel 1942-43, quando Italia e Russia erano nemici ideologici, ma anche in senso fisico, il Teatro dell’Opera di Roma, che era il teatro statale, metteva in scena Stravinskij, Musorgsky e Borodin e nessuno diceva che dovevano essere annullati. Per questo non capisco perché in Italia, in diverse città, è stato annullato il balletto del Lago dei cigni (a Napoli, Firenze, Ferrara e Vicenza), seguendo la legge ucraina ma tutti noi qui siamo in Italia e credo che anzi c’è più bisogno di queste opere che aiutano il dialogo, creano e cementificano rapporti e ci fanno parlare un’unica lingua che è anche quella della pace.” Sul richiamo alla pace che Papa Francesco sta ribadendo in ogni modo, la direttrice ha voluto commentare la via crucis al Colosseo di qualche settimana fa dicendo, quando una russa e un’ucraina hanno portato insieme, per una Stazione, la croce, sottolineando che “è stato un momento molto simbolico e bello, mi è dispiaciuto vedere tanti attacchi e tanta incomprensione per un gesto di pace”.
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