LA VICENDA – Lo spazio, in via dei Sabelli a San Lorenzo, fu affidato per volontà di Papa Benedetto XV, dopo la prima guerra mondiale, ai Cavalieri di Colombo, con la promessa da parte della Fondazione di mettere a disposizione gratuitamente di parrocchie, scuole e associazioni giovanili, gli impianti sportivi. A oggi l’uso infatti è gratuito nelle ore diurne per diverse associazioni e a un costo controllato dalle 19:00 in poi. E adesso, a.d. 2021, “abbiamo scritto a Papa Francesco – racconta Marco dell’Atletico San Lorenzo – abbiamo tentato un dialogo con la fondazione, ma sembra che non vogliano ascoltare. Confidiamo nella sensibilità del Papa verso queste tematiche”. Soltanto l’Atletico San Lorenzo conta 300 tesserati, di cui la metà minorenni o comunque giovanissimi. “Con il campo a undici si possono svolgere anche attività di natura diversa – prosegue Marco – sui campi da paddel molte cose non si potranno più fare, le scuole non potranno più venire qui. Chiediamo che non si persegua la sola logica del profitto”.
LE PROTESTE – La lettera al Pontefice è arrivata a seguito di una mobilitazione di piazza che ha visto centinaia di cittadini in protesta. “L’Atletico San Lorenzo – spiega l’avvocato Giuseppe Libutti che sta monitorando la vicenda – costituisce un’importante realtà sportiva del quartiere che, insieme alla palestra popolare, anche questa sotto sfratto, svolge una funzione sociale che va salvaguardata: la politica dovrebbe tutelare questo spazio, non può restare inerme ad attendere l’evolversi degli eventi”. Sul punto quindi si è espressa la presidente del Municipio II, Francesca Del Bello, che ha partecipato alla mobilitazione di piazza e ha chiarito: “È un progetto sbagliato, da respingere, contro il quale si sta sollevando tutto il quartiere. Sbagliato innanzitutto perché snaturerebbe un impianto sportivo e ricreativo storico, per il quale sussistono le condizioni perché lo si riconosca bene culturale” ma anche perché “farebbe venir meno soprattutto l’aspetto sociale che caratterizza l’impianto fin dalla sua nascita come un luogo aperto e inclusivo, dove lo sport non è una pratica intensiva per la quale sfruttare anche l’ultimo metro quadro in ragione del profitto”.