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Il presidente del club giallorosso ha puntato 4 terreni

Stadio: intreccio banche-imprese-politica, ma il bene dell’As Roma è lontano da Tor di Valle

Il nuovo proprietario della As Roma Dan Friedkin sta valutando quattro aree alternative a Tor di Valle su cui  realizzare il nuovo stadio: è quanto si vocifera in modo sempre più insistente nel club giallorosso dal 15 ottobre. Gli occhi del magnate a stelle e strisce sono puntati, in particolare, su: Roma – nuova Fiera, località Ortagri, area privata; Roma- Tor Vergata, terreno pubblico di proprietà dell’università; Roma-Pescaccio, terreno privato situato a due passi da Malagrotta; e Fiumicino, area privata ricompresa tra l’aeroporto internazionale e il centro commerciale Da Vinci. Del resto l’imprenditore statunitense, sbarcato per la prima volta nella Capitale l’11 settembre, in poco più di un mese ha già ricevuto due notizie tutt’altro che rassicuranti.

PARNASI AL VERDE
La prima (24 settembre) riguarda Maximo, il centro commerciale situato sulla via Laurentina, nel IX Municipio, costruito dal Gruppo Parnasi, lo stesso del progetto dello stadio a Tor di Valle. Maximo vale 300 milioni di euro, è stato ultimato nella primavera 2019, ma non ancora avviato a causa di vari e gravi problemi tecnico-amministrativi: una vicenda resa pubblica da il Caffè di Roma. La sua apertura, preannunciata per il 29 ottobre, è slittata a tempo indeterminato (leggi box). Questo immobile commerciale rappresenta l’ultima ancora di salvezza e ‘cassaforte’ del costruttore Luca Parnasi, ma non potrà essere venduto fino a quando non entrerà in funzione, come imposto dagli atti autorizzativi regionali e comunali. Senza liquidità, Parnasi non è in grado di pagare i 60 milioni di euro di debiti (di cui 32 milioni nei confronti dell’Agenzia delle Entrate per tasse non pagate) che rischiano di portare al fallimento il suo Gruppo edile (prossima udienza 24 ottobre al Tribunale Civile di Roma), né racimolare il denaro per condurre in porto l’operazione del nuovo stadio a Tor di Valle.

VITEK COMPRA 3 ‘SCATOLE VUOTE’, PERCHE’?
La seconda notizia (13 ottobre) riguarda Radovan Vitek, il ‘re’ del mattone della Repubblica Ceca. Il boemo appena saputo di Maximo, con un tempismo da centometrista, avrebbe tolto (così riportano le cronache giornalistiche) le castagne dal fuoco a Parnasi, con la ‘benedizione’ di Unicredit, e comprato per 250 milioni di euro ‘tre ‘scatole vuote’: per l’appunto il centro commerciale Maximo (che non si sa se e quando potrà aprire al pubblico), i terreni di Tor di Valle e il progetto-stadio (da 8 anni nel limbo dell’incertezza più totale) e un appezzamento di terreno a Roma, località Pescaccio, situato a ridosso dell’ex discarica di Malagrotta e al nuovo immondezzaio di Monte Carnevale, noto perché su di esso sarebbe dovuta sorgere una estesa lottizzazione del Gruppo Parnasi approvata nel 2013, poi abortita a causa di un vincolo ministeriale sopravvenuto qualche anno fa. Una compravendita in cui si fatica a comprendere sia l’interesse imprenditoriale di Vitek che quello economico dell’istituto bancario, che tra l’altro già attende di ricevere dal Gruppo Parnasi una cifra stimata in circa 600 milioni di €. L’unico senso potrebbe essere – il condizionale è d’obbligo – politico-giudiziario con tre obiettivi in un colpo solo: tentare di far uscire di scena Parnasi dall’affaire stadio, ‘costringere’ l’As Roma e il Campidoglio a trattare con Vitek ossia Unicredit e tutelare allo stesso tempo l’istituto bancario da futuri rischi giudiziari nel caso di fallimento del Gruppo Parnasi. Un passaggio di proprietà che segue, tra l’altro, la s-vendita del 2012 degli stessi terreni di Tor di Valle, venduti dalla Sais dell’imprenditore Gaetano Papalia al Gruppo Parnasi e su cui pende un processo: i magistrati hanno chiesto 8 anni di condanna per Papalia per presunta bancarotta fraudolenta.

LA PALLA PASSA  A FRIEDKIN (E RAGGI)
I nodi centrali della vicenda sono due, uno imprenditoriale ed uno politico. Il primo imprenditoriale: 8 anni fa l’ex presidente giallorosso, James Pallotta, individuò 9 aree della Capitale alternative a Tor di Valle, ma non riuscì a dirottare il discusso progetto dello stadio su altri terreni. Ora, il nuovo proprietario della As Roma riuscirà a far valere le ragioni della società giallorossa su quelle di ‘altri’ interessi? Il secondo nodo è politico: dopo la campagna elettorale del 2015, che ha incoronato Virginia Raggi alla guida della Capitale al grido di ‘No lo stadio a Tor di Valle’; all’inizio del 2017 la sindaca ha tentato la carta del cambio di progetto (con la famosa riduzione volumetrica delle tre torri) e il rinnovo della pubblica utilità. Nel 2018 è scoppiato lo scandalo del processo penale (ancora in pieno svolgimento) che ha travolto il progetto dello stadio a Tor di Valle e numerosi tecnici e politici (di tutti i colori): la Raggi avrà il coraggio e la forza di calpestare certi oscuri interessi imprenditoriali e economici e pensare solo al bene di Roma, della As Roma  e dei romani?


Politici: “Maximo non si può aprire”

Sul centro commerciale Maximo – situato sulla via Laurentina, nel IX Municipio – sono puntati i riflettori delle Commissioni Urbanistiche regionale, capitolina e municipale, della super Commissione ispettiva del Campidoglio (tecnicamente una Due Diligence) guidata dalla Giunta Raggi e istituita con il voto unanime del Consiglio comunale e della Procura di Roma, sollecitata dalla Municipale. L’avvio di Maximo è stato preannunciato dal Gruppo Parnasi per il 29 ottobre, ma non si capisce su quali presupposti, visto che – insieme a Maximo – Parnasi avrebbe dovuto completare e avviare anche varie opere pubbliche a servizio del Laurentino 38 realizzate a ‘scomputo’, ossia costruite al posto dei 19milioni e 139mila euro di tasse non pagate al Comune. Una piazza pubblica ampia 15mila metri quadrati, l’equivalente di 3 campi di calcio di serie A, 3 piani sottostanti e interrati di parcheggi, per un totale di 2770 posti auto, la nuova sede del IX Municipio e, infine, il nuovo ponte pedonale di collegamento tra la piazza e il quartiere. Di tali opere non c’è nemmeno l’ombra.

‘SCOMPARE’ IL PONTE PEDONALE
C’è poi il ‘mistero’ del ponte pedonale ‘scomparso’. L’elenco delle opere pubbliche da realizzare è riportato sia sull’Accordo di Programma (il Piano di sviluppo immobiliare sottoscritto il 13 febbraio 2006 da Regione e Comune, poi approvato dal Consiglio regionale il 21 giugno 2007) che nella Valutazione di Impatto Ambientale sottoscritta dalla Regione il 30 marzo 2010. Ma è scomparso – depennato da mano ignota – dalla Convenzione urbanistica sottoscritta dal Comune (all’epoca guidato da Gianni Alemanno) e da Parnasi a gennaio 2009.

“NO A SCORCIATOIE”
L’architetta Cinzia Esposito, responsabile del Dipartimento Urbanistico di Roma, ha reso noto che il Campidoglio non ha sottoscritto con Parnasi alcun ‘atto d’obbligo’, ossia nessun contratto che avrebbe permesso al costruttore di non realizzare le opere pubbliche prima di avviare Maximo. Tale notizia era stata fatta circolare dal Gruppo Parnasi in Campidoglio e nei palazzi di Giustizia romani. Con l’atto d’obbligo, il Gruppo edile anziché realizzare tutte le opere pubbliche avrebbe potuto eseguire lavori di abbellimento del quartiere al costo di soli 2 milioni di euro. Richiesta respinta al mittente, perché – cosi sostiene la architetta Esposito – “non garantiva sufficientemente l’interesse pubblico”.

“STOP A MAXIMO”
Carlo Maria Chiossi (M5S), Presidente della Commissione Urbanistica di Roma, gli ha fatto eco sostenendo che “l’orientamento del Comune è di non rilasciare l’autorizzazione all’avvio di Maximo, perché non sono state rispettate le clausole previste in Convezione”. È quanto da lui dichiarato nel corso della Commissione Urbanistica regionale il 13 ottobre. Marco Cacciatore, Presidente della Commissione Urbanistica del Lazio, sempre il 13 ottobre, ha tuonato: “La presidenza si prende carico di far luce su tale vicenda. Ci saranno importanti passi regionali”. L’avvio di Maximo dovrà passare non solo per il Campidoglio, ma anche per la Regione, come previsto dalla legge nazionale sui collaudi (n.33 del 2015).

VITEK METTE LE MANI SU MAXIMO
In ogni caso, il 16 ottobre la società proprietaria di Maximo, la Parsec 6, è passata nelle mani dell’imobiliarista Radovan Vitek: ma si poteva farlo? La vendita e l’avvio di Maximo sono vietati fino alla messa in funzione di tutte le opere pubbliche. Così recita nero su bianco la Convenzione Urbanistica del 2009. Ora vedremo quale sarà la reazine dei politici capitolini e regionali.


 

22/10/2020
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