L’unico modo per la sindaca e la Giunta Raggi di schivare il ‘disastro amministrativo’ in cui si è cacciata col via libera al discusso progetto dello stadio a Tor di Valle proposto dal Gruppo edile Parnasi è revocare i favori della ‘pubblica utilità’ che gli ha concesso, ossia la delibera n. 48 del 30 marzo 2017. Oltre ai compiti più strettamente amministrativi, su sindaca e Giunta pendono anche responsabilità più ‘politiche’, ossia anche l’obbligo di ‘proteggere’ e ‘sostenere’ l’As Roma e i Friedkin nella libera-ricerca di un nuovo terreno su cui costruire, il più velocemente possibile, un nuovo stadio per il club giallorosso che cerca, giustamente, solo di rinascere dopo le ‘macerie’ politiche, giudiziarie ed economiche di Tor di Valle e – se possibile – di giocare bene a calcio.
IL CORAGGIO DELL’AS ROMA
Dopo la campagna elettorale del 2015/16 condotta dalla maggioranza grillina al grido di ‘No allo stadio a Tor di Valle’, la sindaca ha percorso la strada decisamente tortuosa del famoso ‘cambio di progetto’ (con la riduzione volumetrica delle tre torri) che si è rivelato disastroso più di quello varato dal suo predecessore, Ignazio Marino, poiché sprovvisto anche della ‘foglia di fico’ delle opere pubbliche da realizzare a spese dei proponenti: il raddoppio della ferrovia Roma-Lido, una nuova linea della metro, un ponte per le automobili, etc. L’As Roma si è saputa tirare fuori con coraggio e lungimiranza da questo pantano: “Non sussistono più – scrive il Cda dell’As Roma in una nota del 26 febbraio che andrebbe incorniciata e appesa sui muri dell’aula Giulio Cesare – i presupposti per confermare l’interesse all’utilizzo dello stadio (…) essendo di impossibile esecuzione” . Ma ora la palla passa alla Giunta capitolina.
MA QUALI RIVALSE GIUDIZIARIE?
Un punto, certo, va chiarito. L’area di Tor di Valle, è quasi stancante ripeterlo, non è edificabile dai tempi dell’antica Roma imperiale e i romani, come noto, si intendevano sia di diritto che di costruzioni. Su Tor di Valle pendono vincoli di vario tipo, ma il più importante – che mette il Campidoglio al riparo da qualunque possibile presunta rivalsa giudiziaria da parte dei proponenti, presente o futura – è quello previsto dal Piano del Bacino Tevere, l’insieme delle norme che disciplinano l’intero corso d’acqua, entrate in vigore il 5 settembre 2019, varato dal Governo Conte-bis, su proposta dell’ex ministro all’Ambiente grillino, Sergio Costa, che classifica l’intera zona ad altissimo rischio allagamento e, quindi, non edificabile. Quindi l’eventuale dietrofront della Giunta avrebbe solide basi legali su cui poggiarsi.
IL NODO ECONOMICO
In questa vicenda che si trascina(va) da 9 lunghi anni, ci sono poi altri due nodi, uno economico e l’altro giudiziario. Quello economico: il Gruppo edile guidato dal costruttore Luca Parnasi rischia di implodere schiacciato dai circa 500 milioni di euro di debiti contratti con l’Unicredit. Tor di Valle, sarebbe ingiusto negarlo, era un’ancora di salvezza. L’imprenditore immobiliare ceco Radovan Vitek fino ad ora ha ‘salvato’, ossia comprato, solo la società Capital Dev, una delle tante della ‘galassia’ del Gruppo Parnasi, che conteneva al suo interno Maximo, il centro commerciale situato sulla Laurentina e avviato poco prima di Natale. Ma Vitek invece ha solo opzionato, ossia ancora non comprato in via definitiva, le altre due società in crisi finanziaria-nera dello stesso Gruppo edile: Parsitalia e Eurnova, che sono entrambe interconnesse al progetto di Tor di Valle.
VITEK COMPRERÀ UN PROGETTO ‘DEFUNTO’?
Eurnova è la società che, a inizio marzo, ha scritto una ‘letteraccia’ alla Raggi, all’assessore all’Urbanistica, Luca Montuori, al capo di Gabinetto della sindaca e all’As Roma tentando di ‘pressare’ sia comune che società giallorossa a fare ciò che la stessa società privata desidera, ossia costruire lo stadio a Tor di Valle, con minaccia di ricorrere alle vie legali per gli “enormi danni che sta provocando alla scrivente società”. Parsitalia, invece, è quella su cui pende, al Tribunale Civile di Roma, il rischio di fallimento per circa 50 milioni di euro di debiti contratti anche con l’Agenzia delle Entrate per tasse non pagate. Entro marzo si svolgerà la prossima e decisiva udienza. La Direzione dell’Agenzia delle Entrate di Roma e provincia aveva respinto la prima proposta di ‘ristrutturazione del debito’ (4 febbraio 2020) di Parnasi, dando in seguito parere positivo (12 dicembre 2020) su una nuova proposta di Parnasi, ma a patto che liquidi subito i circa 10 milioni di euro di debiti con lo Stato. Ora, però, entro marzo saranno i creditori privati a decidere se accettare la proposta e quindi a decretare la salvezza o il fallimento. E c’è anche una strada alternativa: entro marzo Vitek dovrebbe portare sul tavolo dei giudici di Roma altre decine di milioni di euro per comprarsi quella che appare come una ‘scatola vuota’, visto che lo stadio a Tor di Valle non si farà più.
IL NODO GIUDIZIARIO
L’ultimo nodo è infine quello giudiziario. Sull’iter amministrativo di Tor di Valle si è abbattuta a marzo 2019 una tempesta giudiziaria da cui è scaturito un processo che ha coinvolto numerosi politici (di tutti i partiti), amministratori (anche in carica) e tecnici. La Giustizia ha i suoi tempi, spesso lunghi. La politica invece ha il compito di prendere, possibilmente in modo veloce, decisioni chiare e inequivocabili. I problemi giudiziari e/o economici del dell’imprenditore Luca Parnasi sono solo suoi e al limite delle banche che sono esposte economicamente. Il quesito, quindi, è uno: la Giunta Raggi avrà la forza di revocare la ‘pubblica utilità’ concessa forse troppo superficialmente al progetto di Tor di Valle e sostenere l’As Roma nella libera ricerca di un’altra area verde?
Ad ottobre si voterà e in 7 mesi la Giunta Raggi ha tutto il tempo e l’interesse per predisporre con l’As Roma il progetto del nuovo stadio e presentarlo a tifosi e cittadinanza. Sarebbe un sogno che si realizza, per Roma, la Roma e i romani.
Processo stadio: cambia (ancora) un Pm dell’accusa
Ha lasciato piazzale Clodio un altro pm di punta. Il sostituto procuratore Elena Neri ha ottenuto il trasferimento chiesto per ragioni personali. A Roma faceva parte del pool dei reati contro la pubblica amministrazione e avrebbe dovuto sostituire la collega Barbara Zuin, il magistrato cardine del processo sugli affari sospetti sul progetto stadio, entrata a far parte della Commissione parlamentare antimafia. Sullo stadio resta solo il pm Maria Luisa Spinelli, il magistrato che aveva avviato le indagini insieme alla Zuin. Barbara Zuin ha lasciato Clodio a novembre. Il magistrato, in forza alla Dda della procura di Roma, stimata da colleghi e dal foro, a seguito della chiamata in Commissione Nazionale Antimafia proprio per le sue spiccate doti professionali, non ha potuto quindi più seguire il maxiprocesso incardinato sui sospetti giri di mazzette che il patron dello stadio Luca Parnasi avrebbe elargito a politici sotto forma di consulenze, a partire – per limitarsi ai nomi più noti – dal presidente del Consiglio comunale di Roma, Marcello de Vito (grillino) e dal consigliere regionale Adriano Palozzi, passato da FI nel gruppo misto. Ad affiancare la collega Luigia Spinelli, cointestataria del procedimento che ha portato sul banco degli imputati una ventina di persone, quindi era stata chiamata il pm Elena Neri. Ora si profila un nuovo cambio.
Adelaide Pierucci