“Quant’è il budget annuo, 100, 150.000 euro? Allora vi arrivano 18.000 euro per questa campagna, 20.000 euro per questo, 30.000 euro per questo… glielo chiedono proprio… vogliamo queste testate”.
Queste frasi ormai non mi escono più dalla testa. Fanno parte delle intercettazioni dove il rappresentante di un giornale e un dirigente della Regione Lazio ragionano su come si fa ad orientare i soldi della ‘comunicazione’ verso le testate giornalistiche amiche.
Queste frasi hanno aperto il vaso di Pandora e ne sta uscendo un uragano. Scopriamo di non essere soli: editori puntiti per la loro indipendenza, per non aver voluto pubblicare quello che fa comodo ai potenti di turno; documenti di enti pubblici dove si assegnano fondi in maniera scandalosa e, se si indagasse bene, sono certo anche fraudolenta; colleghi giornalisti querelati per non aver voluto coprire malefatte scoperte durante le inchieste.
“Magari – dicono nell’intercettazione – c’è qualche campagna tipo questo Covid, ‘ste cose qui…”. Non si fermano davanti a nulla. Spremono soldi anche dal dolore della gente! Come quelli che si fregavano le mani alla notizia che c’era stato un terremoto devastante: chissà quanti begli appalti!
Alla faccia dei tanti giornalisti perbene (sono la maggioranza), alla faccia dei cittadini che dovrebbero essere informati con onestà.
Critichiamo il dispotismo di Putin, l’arroganza di Trump, il totalitarismo cinese, l’intolleranza di alcuni paesi musulmani, ma è ora che si aprano bene gli occhi su cosa avviene a casa nostra: nessuna violenza fisica certo, ma un mare di soldi pubblici usato per orientare i media verso comode e convenienti verità. E un parlamento che fa finta di nulla, anzi trova conveniente questa situazione e blocca da più di 20 anni le leggi di riforma sulla stampa, nonostante l’Europa continui a condannarlo e la Corte di Cassazione a lanciargli ultimatum (inascoltati).
Un mare di soldi che decide cosa i cittadini devono e cosa non devono sapere. E se vi sembra un’interpretazione esagerata, provate a chiedervi perché allora le associazioni che si occupano di diritti dell’uomo ci piazzano sempre agli ultimi posti nelle classifiche sulla libertà di stampa in occidente?
Così chi scrive con coscienza viene massacrato da minacce e querele, mentre chi compiace il potere viene riempito di lodi e ricchezze.
Voi al mio posto cosa fareste?
Le sirene non mancano: di ‘inviti’ a schierarci o quantomeno a voltarci dall’altra parte su questo o quell’argomento ne abbiamo ricevuti davvero tanti. A volte sono velati, tra le righe, altri piuttosto espliciti. Il metodo è sempre quello del bastone e la carota: ti offrono contratti o altri vantaggi, magari anche un posto di lavoro, per te o per chi vuoi ‘segnalare’, e se invece non ti allinei sei fuori dai bandi pubblici e sono pronte le querele, che non portano mai a una condanna, ma che sono una rogna e una spesa notevole.
Voi al mio posto cosa fareste?
Ad essere onesto vi rispondo “io preferirei lodi e ricchezze”. Non vi nascondo che ci penso, mi tenta veramente! Poi però non ce la faccio, dentro scatta qualcosa che…
A Roma uno così si descrive bene con una espressione secca: “che cojone!”. E lo sono da 20 anni, cioè da quanto il nostro giornale si dichiara (ed è relamente) indipendente. E lo rimarrò a vita.
Ora la Regione Lazio prova a fare qualcosa, istituendo una apposita Commissione. L’hanno chiamata “Trasparenza e Pubblicità”… staremo a vedere.