Caro presidente Mattarella le scrivo, così mi distraggo un po’ dalla rabbia. Cara sindaca Virginia Raggi, lei che pensa ai lavoratori in nero, la informo che nella sua città c’è chi brutalizza lavoratori contrattualizzati. Caro ministro Gualtieri, le racconto cosa ci fanno i nostri nobili (im)prenditori con la cassa integrazione che lo Stato ha stanziato e (speriamo presto) erogherà per far fronte alla pandemia. Non farò nomi, mi perdonerete – ma nel caso siate curiosi, potete scrivermi su [email protected] – perché come sapete nel nostro paese chiunque non sia omertoso sui delitti altrui, fa una brutta fine. E qui, la cosa non riguarda neanche me, ma una persona che devo e voglio tutelare. Ma una storia ve la posso raccontare. Ha colpito una giovane madre, con un curriculum incredibile e anni di lavoro sul campo e in prima linea, che lavora nel terzo settore. Sì, proprio quello più nobile, che affronta in teoria le criticità di questo mondo moderno, quello che dovrebbe avere solo il meglio del meglio, come competenze, valori, rispetto delle regole. Per farvi capire di cosa parliamo questa manager, che alla sua azienda ha fatto guadagnare centinaia di migliaia di euro, e che per senso del dovere e passione ha lavorato al settimo mese di gravidanza fino alle 3 di notte e non è mai uscita alla fine del suo orario di lavoro, ma sempre dopo (ovviamente tutti straordinari non pagati) ad inizio marzo si è ammalata di Covid 19, per la condotta imprudente del suo capo, che sia il paziente zero o no della sua impresa, ha pensato bene di andare al lavoro malato e con la temperatura alta per più di una settimana lavorativa. Risultato: 4 malati tra i dipendenti, con tanto di danni collaterali, anche seri, tra i loro congiunti. Presidente, sindaca, ministro, credete forse che l’uomo per la sua imprudenza si sia scusato? Abbia magari aiutato i dipendenti in difficoltà? Affatto. Con mail minacciose, comportamenti irriguardosi e offensivi, vessazioni verbali ha reso impossibile la vita professionale e non di queste persone, anche di fronte a richieste ovvie come quella dello smart working (garanzia in primis per lui, il cui ufficio non risponde alle minime regole di distanziamento). Sia chiaro, non è un favore quello che queste persone hanno chiesto, come ben sapete è un diritto, almeno a credere all’art. 90 del Decreto Rilancio. Il padrone (non saprei come definirlo meglio) e i suoi parenti hanno risposto mostrando i muscoli, non rispettando le minime regole dell’educazione e figuriamoci quelle dello statuto dei lavoratori. Non contenti, di fronte alla suddetta dipendente a cui tre medici diversi avevano sottolineato l’impossibilità di tornare in sede causa sistema immunitario carente dopo la battaglia con la malattia (ma, curioso, il medico di base le ha rifiutato un ovvio certificato medico a negatività raggiunta dopo due mesi e mezzo, ma con ancora tutti i sintomi a debilitarla, forse per paura o perché gli enti previdenziali in affanno hanno così disposto in base alla sicurezza sanitaria dei cittadini), hanno usato la cassa integrazione come una punizione: non vuoi tornare in sede, ti rendi “solo” disponibile a un full time da casa? Allora rimanici, tra quelle quattro mura, tanto paga lo Stato. Non proprio, caro ministro, il modo giusto in cui usare lo strumento da voi approntato. Dei quattro ammalati, a oggi, la nostra eroina – sa, la conosco, e non ha mai perso calma, lucidità, dignità professionale quando altri avrebbero paurosamente sbandato tra la situazione clinica di cui ancora paga le conseguenze e quella professionale, umiliata, nonostante lei abbia seguito i suoi progetti persino nei momenti più critici della malattia – è costretta a tornare cinque giorni su cinque in sede (con tanto di tre ore sui mezzi per arrivarvi), un’altra è stata più volte minacciata di licenziamento e la terza sta soccombendo alle angherie e alle irregolarità della proprietà rinunciando ai suoi diritti. Come? Sì, sono tutte e tre donne e madri di famiglia. Lo so presidente, sindaca, ministro, non siete sorpresi.
19/06/2020