“Stamattina parlavo col portiere – ci racconta Sergio Pisani, meteorologo, colonnello dell’Aeronautica in congedo, volto noto delle previsioni meteo sulla Rai – mi ha spiegato come sul terrazzo c’erano 2 piume di gabbiano che si erano messe sopra un chiusino, sono piume praticamente impermeabili, avevano ostruito una piccola caditoia e c’era un palmo d’acqua sul terrazzo. Tolte le piume l’acqua è andata via”.
Martedì 8 giugno a Roma non solo quel terrazzo è andato sott’acqua. La città è stata sommersa in meno di un’ora e mezza di pioggia.
“Relativamente alle precipitazioni – ci spiega il colonnello Pisani – possiamo dire che negli ultimi decenni è in corso proprio un cambio di regime, nel senso che, se è vero che alla fine dell’anno il bilancio pluviometrico, cioè la quantità di acqua caduta, più o meno è paragonabile a quella degli anni precedenti, sono sicuramente aumentate le quantità per giorni di pioggia: piove di meno, come giorni, ma quando piove, piove di più.
Ci sono esempi come quello dell’8 giugno scorso, dove, chiamatela ‘bomba d’acqua’ o chiamatela ‘nubifragio’, il fenomeno diventa estremo: nel giro di circa 70/80 minuti sono caduti 80 millimetri d’acqua, diventando un fenomeno eccezionale. La definizione meteorologica dice che si tratta di ‘nubifragio’ quando nel giro di un’ora cadono 30 millimetri o più di acqua. Pensare che quel martedì ne sono caduti il doppio o anche più rende bene l’idea di quanto fosse intenso il fenomeno”.
La colpa è dei cambiamenti climatici?
“I cambiamenti climatici sono un fenomeno consolidato, ormai riconosciuto da tutti. L’uomo oggi si trova a dover fare i conti con un tipo di ambiente climatico che non è quello con il quale si è confrontato fino a qualche decennio fa: possiamo datare l’inizio dei cambiamenti con lo sviluppo nel dopoguerra, negli anni ‘50. Tutto, allora, ha iniziato a prendere una certa dimensione: le fabbriche, le città, i trasporti… e oggi dobbiamo fare i conti con questo tipo di variazione”.
Insomma tutta colpa dell’uomo?
“Che il cambiamento climatico sia di origine antropica io credo non sia possibile assolutamente discuterlo. Bisognerebbe utilizzare energie che non siano quelle che sviluppano gas clima-alteranti che portano poi ad un pronunciato effetto serra. Il problema grave è che questi gas, come ad esempio l’anidride carbonica, non è che rispondono immediatamente se diminuiamo la loro immissione nell’amosfera: c’è l’ha insegnato il periodo del Covid, durante il quale nel mondo c’è stato meno inquinamento, ma questo non ha sanato la situazione, perché la permanenza in atmosfera di quei gas è di 15-20 anni. Quindi non è che se noi diventiamo virtuosi domani, già dopodomani stiamo meglio: ci vuole del tempo perché questo avvenga”.
Allora dobbiamo imparare a conviverci, come le nazioni in cui ci sono i monsoni?
“Non credo che possiamo operare una scelta diversa come quella di adattarci a questo tipo di fenomeno. Come? Prendendo delle contromisure, cercando di prevenire le situazioni di criticità. La zona di Ponte Milvio è una zona che si allaga abbastanza facilmente, ma lì ci sono a terra delle grate molto grandi che però sono spesso ostruite da oggetti di qualsiasi tipo, dalle bottigliette alle foglie, per cui nel momento che l’acqua non può defluire si forma una zona lacustre, infatti quella zona si allaga con grande facilità. Pensate anche al lungotevere dove ci sono i platani che hanno delle foglie molto grandi, quando cadono sono anche difficili da togliere. Purtroppo la manutenzione costa. Ci sono tante figure di manutentori che sono sparite, non solo gli stradini”.
Alcuni accusano i meteorologi di non riuscire più a ‘indovinare le previsioni’.
I cambiamenti climatici rendono più complicato il lavoro del meteorologo. Quando si fa una previsione meteorologica si deve tenere presente il profilo climatologico della zona, i dati almeno degli ultimi 30 anni, quindi oggi guardiamo indietro fino al 1990. Ma è proprio in questo ultimo trentennio che il cambiamento climatico ha prodotto i suoi effetti, per cui il meteorologo si trova a confrontarsi con situazioni che gli sono nuove, ci sono meno situazioni analoghe a quelle che si stanno verificando ora.
Che lei ricordi, queste alluvioni a Roma ci sono state anche in passato o sono un fenomeno di questi anni?
“La frequenza è sicuramente aumentata, l’intensità media è aumentata, però dire che prima non ce n’erano è falso. Mi ricordo ad esempio nel 1991 ero in servizio a Piazzale degli Archivi, all’Eur, quando un temporale ridusse in acquitrino Viale Europa, un viale molto grande che fu però completamente allagato. Allora non la chiamavamo ‘bomba d’acqua’, lo chiamavamo ‘acquazzone’.”