La fine dell’attività ormai è scongiurata. L’ex stazione Cecafumo di via Lucio Sestio 10, a Cinecittà, è stata acquistata dalla Regione Lazio. Il centro antiviolenza Lucha Y Siesta nato dall’occupazione della struttura, per ora è salvo. Entrato nel concordato preventivo di Atac, l’edificio era finito all’asta tre anni fa. Ma è stata la Pisana, dopo una serie di atti votati, a margine di una lunga campagna di mobilitazione, a riuscire ad aggiudicarsi la palazzina. “Abbiamo salvato Lucha y Siesta – ha dichiarato il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti – una grande esperienza di protagonismo delle donne e lotta alla violenza di genere. Un patrimonio di tutta Roma e della nostra comunità. Lo abbiamo fatto perché è ipocrita riempirsi la bocca della parola diritti e solidarietà e poi assistere senza fare nulla alla chiusura dei servizi”.
MOMENTO STORICO
“Un momento storico per tutti – ha spiegato anche la consigliera regionale Marta Bonafoni capogruppo della lista civica Zingaretti – La Casa delle donne Lucha y Siesta è salva: alla terza asta la Regione Lazio si aggiudica l’immobile di via Lucio Sestio 10 a Roma e permette così a un’esperienza unica in Europa, nata dall’impegno sul territorio di un nutrito gruppo di attiviste femministe e transfemministe, di vivere e continuare a dare ricchezza e luce alla città”. “Il percorso non è stato semplice – ha aggiunto Bonafoni – per gli accessi dell’ufficiale giudiziario, le frequenti minacce di sgombero, il distacco delle utenze in un immobile che, comunque, non ha cessato di offrire i propri servizi alle donne vittime di violenza”. Anche sul piano politico, l’iter è stato complicato, ha ricordato la consigliera, “Ma è stato decisivo il ruolo giocato dalla Regione”. Dapprima si è puntato sull’approvazione di una mozione, nel marzo del 2019, che “impegnava la Regione”, ha aggiunto, “ad aprire un tavolo col Comune di Roma per evitare la chiusura e la vendita dell’immobile; poi, pochi mesi dopo con i 2,4 milioni di euro stanziati per salvare ‘Lucha’ grazie a un emendamento a mia prima firma, siglato da dieci tra consigliere e consiglieri di maggioranza”. Stanziamento che risale al dicembre del 2019.
LEGA DENUNCIA ALLA CORTE DEI CONTI
L’ultima offerta i primi di agosto è stata decisiva. “Oggi scriviamo insieme un pezzetto di storia delle donne e di tutte le soggettività”, hanno commentato subito le attiviste del centro, “Lucha y Siesta non è più a rischio di essere svenduta ed entra in una nuova fase in cui finalmente può essere restituita alla città”. Un acquisto non gradito dal fronte leghista. La consigliera regionale Laura Corrotti ha annunciato una denuncia alla Corte dei Conti. “Apprendo con stupore l’acquisto, tramite asta, da parte della Regione Lazio dell’immobile di via Lucio Sestio 10 per poi regalarlo ad un’associazione di militanti dello stesso partito del presidente della Regione, che continuano ad occupare illegalmente gli stabili della Capitale. Mi rivolgerò alla Corte dei Conti per capire se può ritenersi normale un’azione di questo genere, comprare e poi assegnare senza un bando”.
Nel frattempo per Lucha era stato indetto un crowdfunding. Lucha y Siesta, avevano ribadito più volte le attiviste, ”non è un immobile, è uno spazio femminista liberato 12 anni fa dal degrado e dall’incuria e trasformato in un punto di riferimento sociale e politico. È evidente che l’amministrazione capitolina (che nel frattempo come disposto dai giudici con sfratti esecutivi aveva trasferito le ospiti ndr) non conosce Roma e non ha capito il peso di una realtà come la nostra nel territorio della città e quale prezioso contributo abbia avuto nella lotta alla violenza di genere e all’autodeterminazione delle donne”. “Lo dimostrano anche le migliaia di persone, attiviste, artiste, politiche, anche a livello internazionale, che si sono mobilitate in questi mesi. Sentiamo la responsabilità di resistere non solo per noi, ma per tutte le donne della città, per tutte le donne del Paese, per tutte le donne del mondo”. Adesso si aprirà un nuovo capitolo. “Ora inizia la fase due. Le attiviste conducono con noi un tavolo che si chiama Lucha 2.0”, ha annunciato la Bonafoni. L’ipotesi: una cogestione delegata. “Non vogliamo snaturare Lucha e vogliamo preservare l’originalità di quello spazio, avendo tolto dal tavolo il tema della precarietà”, la conclusione.