Non solo la prescrizione dei processi e la perenne carenza di personale amministrativo. A Roma c’è un altro intoppo che rischia di rallentare la giustizia: il vuoto lasciato nelle poltrone apicali coi pensionamenti. Per via delle ‘indecisioni’ del Csm è quasi un anno che la procura della Capitale, la più grande d’Italia, attende la nomina di un capo dopo la messa a riposo di Giuseppe Pignatone dell’8 maggio 2019. Lo scandalo sulle pressioni per le nomine a Palazzo dei marescialli scatenatasi dopo il pensionamento del procuratore di Roma ha paralizzato la scelta e la procura nel frattempo è rimasta (per fortuna egregiamente) nelle mani di un facente funzioni, Michele Prestipino.
VIA ALL’ANNO GIUDIZIARIO
”Siamo senza procuratore capo, senza procuratore generale e col mio pensionamento in vista, che scatterà a metà febbraio” ha spiegato il presidente della Corte di Appello, Luciano Panzani, nella relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario. ”Ad aprile – ha aggiunto – scatterà anche il pensionamento del presidente del Tribunale di Roma, Francesco Monastero. Col rischio che si apra un vuoto per tutti e quattro i dirigenti apicali”. Al grido di allarme di Panzani si è subito unito Antonino Galletti, presidente dell’Ordine degli avvocati della Capitale: ”Bisogna fare presto per le nomine. Ma anche la drammatica vacanza dei ruoli del personale amministrativo impone interventi emergenziali. Su 1.202 persone previste in pianta organica ne mancano 412”.
AVVOCATI: “CSM SIA SOLLECITO”
”Ci aspettiamo che il Csm sia sollecito e trasparente nelle nuove nomine”, ha rilanciato l’appello tramite Il Caffé Cesare Placanica, presidente delle Camere penali di Roma. I tempi biblici per le nomine non sono l’unico problema della giustizia nella Capitale. A Roma un processo su due si prescrive arrivato in appello. Nel 2019 nel distretto del Lazio ”i processi prescritti sono stati 19.500 su un totale di 125.000, pari al 15%”, ha chiarito Panzani, ”Di questi 48% in appello (7.743) e 10% al Gip-Gup (7.300), 12% al dibattimento monocratico (4.300), 118 al collegiale (5%). La prescrizione colpisce maggiormente nei processi per cui c’è condanna in primo grado e quindi quasi uno su due a Roma in Appello”.
IL COLLO DI BOTTIGLIA
”L’elevato numero delle prescrizioni” – ha aggiunto Panzani, capo della Corte di Appello – ”è stato determinato dal notevole ritardo nell’arrivo del fascicolo in Corte dopo la proposizione dell’atto di appello, cui si è aggiunto il tempo necessario per l’instaurazione del rapporto processuale, spesso condizionato da vizi di notifica”. Per Panzani ”questo però è il risultato del collo di bottiglia a cui si è ridotto l’appello. Il Ministero ha finalmente previsto l’aumento delle piante organiche delle Corti di appello: più 9 consiglieri a Roma e a Napoli. Per Roma significa 2.000 sentenze penali in più all’anno. Un progresso, non la soluzione del problema, anche se Roma in pochi anni è passata dalle 10.000 sentenze penali all’anno del 2014-2015 alle 16.000 del 2019, con un aumento, al netto delle sentenze di prescrizione, di 3.000 sentenze penali all’anno ”.
OSPITE MARCELLO DE VITO
Il procuratore generale facente funzioni della Corte d’Appello di Roma Federico De Siervo ha invece illustrato l’emergenza reati. Dal filone rifiuti, ai femminicidi, fini alle corruzioni, tutti in aumento. Ad ascoltarlo nel pubblico in rappresentanza del Campidoglio Marcello De Vito, il presidente dell’Assemblea capitolina, sotto processo proprio a piazzale Clodio con l’accusa di aver intascato bustarelle sotto forma di consulenze per accelerare il progetto stadio.