Da domani lunedì 14 marzo circa 50 tir al giorno stracarichi di rifiuti indifferenziati (per intenderci quelli che finiscono nei cassonetti stradali) che la città di Roma ed i romani non sono ancora in grado di differenziare col sistema domiciliare del Porta a porta verranno spediti in Abruzzo, Emilia Romagna, Lombardia e probabilmente anche all’estero. Parliamo di circa 800 forse 1000 tonnellate al giorno, ossia tutto pattume che dal 2 agosto scorso veniva sotterrato nella discarica di Albano, riaperta con una strana ordinanza della ex sindaca di Roma Virginia Raggi, con la ‘benedizione’ del governatore Nicola Zingaretti, e poi chiusa venerdì 11 marzo dalla Procura di Velletri che ha disposto il sequestro urgente del sito “per gestione illegittima”. E’ salato certo il conto finale della chiusura della discarica di Albano, per la Capitale e per le bollette degli utenti, pari a circa un milione di euro al mese. Ma è ancora più caro e salato il conto igienico-sanitario e ambientale che pagano tutti i cittadini dell’intera Regione Lazio che vivono nel raggio di 7 km dalle discariche e inceneritori laziali, come acclarato dallo studio Eras Lazio – “Epidemiologia, Rifiuti, Ambiente e Salute” (www.eraslazio.it), redatto dai medici epidemioloci del Sistema Sanitario Nazionale, secondo cui intorno ai siti di trattamento del pattume indifferenziato nel Lazio si muore e ci si ammala più che altrove. Eppure le alternative a discariche, inceneritori e affini esistono e sono una realità reale e concreta in tante città e paesi d’Italia, d’Europa e del mondo: si chiamano Porta a Porta, Riciclo, Riuso e compostaggio domestico e di comunità, ma Roma è ancora sprovvista di un apposito Piano per ridurre la produzione di indifferenziato e aumentare la differenziata che langue ancora attorno al 43%, una percentuale da terzo mondo. Speriamo che la Giunta Gualtieri provveda presto.
13/03/2022