Le distanze interpersonali imposti dal Governo per la Fase 2, sia all’interno che all’esterno dei locali commerciali, rischiano di scatenare una ‘ecatombe’ di tavolini e posti a sedere, soprattutto nel centro della Capitale. Ecco che spunta, così, una proposta di delibera di assemblea capitolina in discussione in Campidoglio, al vaglio della commissione Commercio: più spazio all’esterno per le attività commerciali, anche oltre quel 35% in più inizialmente ipotizzato dalla giunta Raggi in una memoria di fine aprile. In concreto, rinnovi e nuove concessioni di suolo pubblico, della durata di 18 mesi, per attività di somministrazione alimenti, centri sportivi e librerie nella Città Storica (che comprende anche aree al di fuori delle mura aureliane); ok per tutti, invece, nel resto della città. Richieste da evadere in 20 giorni, anziché 60, grazie ad una procedura semplificata. Unici paletti: il Codice della strada e i 5 metri di distanza dai monumenti. Una ‘normativa transitoria’, che sarebbe valida per le domande presentate entro 31 dicembre 2020. In più, per ridurre all’osso i tempi, c’è in ballo anche l’ipotesi di un’autocertificazione con un’occupazione d’urgenza, fino a 7 giorni prima dell’invio degli elaborati via pec, sfruttando una clausola prevista dal regolamento comunale vigente sbloccabile dall’emergenza Covid. Ma è più facile a dirsi che a farsi. E i tempi potrebbero allungarsi.
SUOLO PUBBLICO IN DEROGA
Alla fine, dalle quattro bozze presentate da quasi tutti i gruppi politici, si potrebbe giungere ad un testo condiviso, partendo da quello avanzato dal presidente della commissione Commercio, il 5stelle Andrea Coia. Che però approderebbe in Aula ‘Giulio Cesare’ solo nella prima metà di giugno. Al centro del confronto tra politici e uffici tecnici ci sono alcuni nodi da sciogliere sulla modifica del Regolamento comunale sull’occupazione di suolo pubblico. Se per i mercati si parla di un 40% massimo di superficie in più, per i locali in sede fissa non è previsto un limite predefinito sull’aumento di spazi esterni, ma si dovrebbe valutare nei singoli casi. Tutto sta nel rispettare due paletti del Regolamento comunale che restano inderogabili: il rispetto dei 5 metri di distanza dai monumenti e delle varie e diverse prescrizioni del Codice della Strada nell’occupazione di suolo pubblico. Cioè, ad esempio, consentire il passaggio pedonale, non sconfinare in aree di sosta a pagamento su viabilità principale e nelle corsie di emergenza o, ancora, rispettare le distanze dalle fermate dei bus. Per aumentare i metri quadrati a disposizione, si sospenderanno i cosiddetti Piani di Massima Occupabilità (Pmo) approvati negli anni dai Municipi, da tempo bollati come obsoleti e fin troppo limitanti da una parte dei 5stelle capitolini. Ergo, lo spazio a disposizione ci sarebbe.
L’ EFFETTO IMBUTO
Tuttavia lo scoglio principale è in realtà un altro. Riusciranno i Municipi a lavorare le pratiche nei 20 giorni prospettati? Si rischia ‘l’effetto-imbuto’. Per snellire l’istruttoria delle domande, c’è infatti sul tavolo la possibilità di eliminare, nelle zone vincolate ricadenti nella Città Storica ma non nelle immediate vicinanze di monumenti, l’obbligatorietà della richiesta di un parere preventivo alla Sovrintendenza capitolina. Ma solo per occupazioni tramite “strutture facilmente amovibili”, come tende, pedane con tavolini, paratoie laterali o strutture di copertura leggere). Infatti la normativa statale (il dpr 31/2017) non lo richiede espressamente. Il parere della Polizia Locale sulle norme del Codice della Strada resterebbe invece obbligatorio. E il comandante Antonio Di Maggio, audito in Commissione, ha avvertito che i suoi uffici non riusciranno a evadere in tempo le numerose richieste che si prospettano. Nemmeno nella formula del silenzio-assenso prevista: la domanda va comunque esaminata.
IPOTESI AUTOCERIFICAZIONE
È dunque quella dell’autocertificazione, con successivi controlli e sanzioni a campione, la pista ventilata. C’è però un problema di fondo: per la legge italiana, anche con un’occupazione d’urgenza la pubblica amministrazione deve comunque in seguito legittimare la concessione con espresso atto favorevole, preceduto per forza di cose da un’istruttoria. È dunque necessario un intervento del Parlamento. O meglio, una modifica temporanea delle norme che regolano modi e tempi per tali procedure, ossia la legge 241 del 1990. «I parlamentari 5stelle – ha annunciato Andrea Coia – stanno lavorando ad un apposito emendamento nell’ambito della conversione in legge del Decreto Rilancio». Nel frattempo, nelle more del ritocco normativo del Governo, la proposta di delibera è sotto la lente d’ingrandimento degli uffici capitolini. Che stanno depositando i pareri e potrebbero restituire il testo con qualche correzione.