Dal 2018 Marco Marcocci è Presidente di Confcooperative Roma e Lazio, una realtà che solo a Roma e Provincia conta 440 imprese, che aggregano 82.220 soci, danno lavoro a 35mila persone e realizzano un fatturato di 1,8 miliardi di euro all’anno.
Qual è la situazione delle cooperative associate nel Lazio?
“Come in ogni settore economico, anche la cooperazione di Confcooperative sta vivendo una fase delicata. Si nutre grande speranza nella velocità con cui sta procedendo la vaccinazione e nell’arrivo prossimo degli effetti del Recovery fund, ma gli effetti della pandemia saranno ancora lunghi da smaltire, soprattutto nella visione di futuro che in questi momenti viene a vacillare”.
Oggi quali sono i problemi più sentiti dal settore per quanto riguarda Roma e Provincia?
“Ci sono alcuni nostri settori fortemente in difficoltà come il trasporto persone e le attività culturali e turistiche; in generale stiamo notando una profonda riorganizzazione della presenza in città, complice soprattutto lo Smart working: dal centro alla periferia, dai grandi spazi agli spazi diffusi, dal lavoro alla casa. Una città che cambia ha bisogno di servizi differenti: serve quindi una programmazione più attenta, che sappia riconoscere questi “smottamenti”. Riteniamo sia necessario poi un riconoscimento del ruolo che la cooperazione può svolgere in questa città e nella provincia: un soggetto economico in grado di operare nei contesti più disparati che sa promuovere comunità, coesione territoriale, che riesce a coniugare sviluppo e sostenibilità. Infine servono risorse adeguate ad una città importante come Roma: un riconoscimento di funzioni e risorse pari a quella di altre città europee, che la faccia competere ad armi pari e che possa realmente essere il traino del sistema Italia”.
A livello regionale invece quali limiti ha evidenziato la pandemia?
“La pandemia ha evidenziato i limiti di un modello sanitario nazionale organizzato su due poli: ospedali e medici di medicina generale. Serve, a nostro avviso, una medicina territoriale che sappia integrare i servizi mancanti e renderli più vicini alle esigenze dei cittadini. In questo senso ci sentiamo di poter rappresentare una risposta adeguata, nella sinergia che sappiamo mettere in campo tra cooperative sociali, sanitarie e cooperative di farmacisti, di medici, con soluzioni territoriali e una visione globale”.
Quali soluzioni avete messo in campo come Confcooperative Roma e Lazio?
“Abbiamo cercato di essere sempre presenti, in ogni modo: in un momento così concitato, il proliferare di norme, decreti, agevolazioni ha posto i nostri uffici ad un lavoro enorme per il trasferimento delle corrette informazioni a tutte le associate. Pur nella difficoltà del momento, crediamo che lo sforzo sia stato massimo: l’aumento costante di associate e di fedeltà contributiva ci fanno sperare che il lavoro sia stato abbastanza apprezzato”.
Il comparto agricolo è finito spesso sotto l’occhio del ciclone in questo periodo, che progetti ci sono?
“La cooperazione agricola ha potenzialità ancora non completamente espresse: coglierne la ricchezza sarà la sfida dei prossimi mesi. Oltre alla realizzazione di servizi di supporto adeguati, abbiamo ottenuto delle risorse per sviluppare start up di imprese agricole in contesti urbani.
Riteniamo che l’integrazione del settore agricolo con il sociale, con lo sviluppo locale, con la distribuzione logistica sostenibile, con i mercati locali, con l’internazionalizzazione, possa essere la direzione verso cui volgere sempre più i nostri sforzi”.
Confcooperative Roma e Lazio nell’ultimo anno è stata la prima in Italia per numero di nuove cooperative associate, c’è ancora fermento quindi?
“Il fermento va colto e abbiamo cercato di fare questo: andare nei luoghi in cui si sviluppa innovazione, partecipazione, progettualità: nelle Università prima di tutto e poi nei mondi legati alla digitalizzazione e abbiamo trovato un patrimonio di opportunità. Crescere ogni anno, da 3 anni, anche in piena pandemia, di circa il 10% di associate, è un risultato di cui siamo molto orgogliosi”.
Per quanto riguarda la cooperazione al femminile invece cosa state facendo di concreto?
“La Commissione Dirigenti Donne sta facendo un lavoro molto importante, di connessione, di conoscenza, di approfondimento che ha aperto una stagione di grande dinamismo sulla questione della parità di genere. Sono stati realizzati dei momenti formativi, una pagina Facebook dedicata, un calendario di attività e una serie di progettualità che cercheranno di analizzare un dato di grande importanza: il Lazio è la regione con la crescita maggiore di cooperative (aderenti a Conf) a guida femminile tra il 2015 è il 2020”.
Per i giovani del territorio che occasione può essere la cooperazione?
“Noi lo crediamo fortemente e questo è il segnale che raccogliamo con i nostri progetti di Alternanza Scuola-Lavoro, con il progetto Coop-up nelle università, con il servizio civile che trova nelle nostre cooperative terreno fertile per la permanenza anche dopo il periodo previsto dalla norma. La sfida di un lavoro da fare insieme, soprattutto ora in una fase post pandemica, in uscita da un isolamento forzato, siamo convinti che possa stimolare i ragazzi a cimentarsi in questo modello imprenditoriale”.
Si parla di Green Deal, di transizione ecologica, secondo lei è arrivato davvero il momento per cambiare paradigma, a tanti livelli?
“Secondo me è una occasione da non perdere, non perché sia solo bello da raccontare e perché è di tendenza, ma perché la sostenibilità, soprattutto nella accezione prevista dalla Agenda 2030 delle Nazioni Unite, può veramente moltiplicare gli effetti benefici di un sistema economico. Un punto comune in cui si vinca tutti: ambiente, territorio e economia. Se non ora, quando?”.