L’acqua sarà mercanteggiata nel business dei titoli azionari futures alla Borsa di Wall Street. Come spiega il movimento ambientalista americano Down to Earth, «si potrà fare scommesse sul prezzo dell’acqua, una risorsa che sta rapidamente diventando scarsa nel mondo». Non solo: il prezzo di questa indispensabile risorsa sarà sempre più esposto alle logiche affaristiche anziché al sacrosanto diritto-dovere di garantirla a ogni essere umano. Come del resto sancisce l’Onu.
ALLARME ALL’ONU
E alle Nazioni Unite scatta l’allarme. Con un comunicato dell’11 dicembre il Relatore Speciale dell’ONU sul diritto all’acqua, Pedro Arrojo-Agudo, ha espresso grave preoccupazione alla notizia che l’acqua, come una qualsiasi altra merce, verrà scambiata nel mercato dei “futures” della Borsa di Wall Street. Il Relatore ONU ha ricordato come l’acqua, bene essenziale per tutti gli esseri viventi e per la salute pubblica, è un bene pubblico da mettere a disposizione di tutti, e come tale non può essere trattato come un qualsiasi altro articolo commerciale, come fosse oro, petrolio o altra merce quotata in Borsa. Molto critico anche il Forum dei movimenti per l’acqua italiano: «Questa risorsa fondamentale è già minacciata dall’incremento demografico, dal crescente consumo ed inquinamento dell’agricoltura su larga scala e della grande industria, in particolare quella mineraria, per di più a fronte di una emergenza climatica e sanitaria». I motivi sono quelli che hanno portato milioni di italiani a votare “Sì” contro le privatizzazioni e la mercificazione della risorsa idrica nel 2011. Referendum finora sempre aggirato dai vari governi, compreso quello attuale.
I CITTADINI SI RIBELLANO
«In tale contesto – sottolineano gli attivisti italiani -, dove ci si deve adoperare per preservare questa vitale risorsa, ci uniamo alla denuncia del Relatore Speciale dell’ONU sul diritto all’acqua perché convinti che la sua quotazione in Borsa come merce apre alla speculazione dei grandi capitali e alla emarginazione di territori, popolazioni, piccoli agricoltori e piccole imprese ed è stata denunciata come una grave minaccia ai diritti umani fondamentali. Cogliamo infine l’occasione per evidenziare come questa operazione speculativa rischi di rendere vana nei fatti la fondamentale risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 2010 sul diritto universale all’acqua come peraltro ricordato dallo stesso Relatore a conclusione del comunicato». Nel frattempo arriva la notizia del processo penale al legale rappresentante e al direttore dei lavori della Veolia Water Tecnologies spa per la strana vicenda dei dischetti di plastica che hanno invaso le nostre spiagge nell’estate 2018. Per un malfunzionamento, i dischetti non biodegradabili si erano disperi dal depuratore della città di Capaccio Paestum (Salerno) in tutto il mar Tirreno, comprese le spiagge laziali, finanche in Corsica, costa smeralda in Sardegna, Francia, Spagna, Tunisia e Malta. Antonino Fiore, direttore dei lavori dell’impianto; Giuseppe Iodice, collaudatore; Guido Turconi ed Elio Bardone, il primo legale rappresentante, il secondo direttore dei lavori della Veolia Water Tecnologies spa. La multinazionale, icona della privatizzazione idrica, si era aggiudicata e aveva eseguito i lavori di adeguamento e ripristino del depuratore di Capaccio Paestum, nel salernitano.
LOGICHE GIÀ IN ATTO NEL LAZIO
La società indirettamente, in veste di azionista di diverse società come Acqualatina, gestisce il servizio idrico e il ciclo dell’acqua in varie regioni del Paese. Le persone sottoposte alle indagini saranno chiamate a rispondere dei reati di disastro ambientale e inquinamento doloso in concorso. Ma il business non si ferma: l’acqua di tutti è ormai una merce per le scommesse speculative di pochi. Cosa peraltro già in atto e il Lazio ne è un campo di prova deciso dagli anni ’90 (accordo Pd-Forza Italia) e collaudato. Basti pensare ai rincari delle bollette nel Lazio, dove a decidere sono i calcoli finanziari. Acqualatina, ad esempi, è “in mano” alla Depfa Bank in virtù di un complicato contratto con titoli “swap” derivatida 114,5 milioni di euro inzialmente negato ma poi ammesso di fronte alle evidenze delle nostre inchieste. La banca tedesca, per via di un particolare contratto votato da alcuni sindaci in passato, ha il diritto di veto sulle decisioni cruciali. Depfa ha il controllo su circa il 72% delle quote in Acqualatina e in pratica, senza il suo “Sì”, non si muove una foglia. Dal canto suo Acea, teoricamente controllata da soci pubblici (Comune di Roma e della provincia romana), agisce sempre più secondo logiche finanziarie.
E ACEA? ASSE 5STELLE – PD – FINANZA
«All’unanimità i sindaci, a partire da quello di Roma e Fiumicino (Esterino Montino, uomo forte del Pci-Pds-Ds-Pd laziale,ndr), hanno approvato una delibera e una tariffa che prevede aumenti enormi nei prossimi anni; garantisce ad Acea di continuare a fare lauti profitti (oltre 260 milioni di euro solo tra il 2018 e il 2019); non impone il blocco dei distacchi del servizio; condanna i romani e le romane a bere l’acqua del Tevere in grande quantità (3.000 litri al secondo)”. A fine novembre lo stesso Forum dei movimenti per l’acqua ha fatto raccontato il curioso meccanismo che sarebbe ormai impiegato dalla società romana ancheèessa a trazione francese dat la partecipazione della multinazionale Suez. Ecco cosa rivelano gli attivisti per l’acqua bene comune alla voce “utili e meccanismi speculativi”: «Negli ultimi due anni ACEA S.p.A. ha realizzato interessi per oltre 110 milioni di euro per prestiti alla sua controllata ACEA ATO 2 (gestore idrico a Roma, Pomezia e Castelli Romani, ndr), dopo averne prelevato quasi tutti gli utili, la quale ha prodotto circa 130 milioni di euro all’anno. È evidente quindi che non c’è un problema di copertura dei costi e che la gestione dell’acqua nella capitale e dintorni è più che proficua. A che cosa servono, allora – domandano i cittadini – i 173 milioni di euro di conguagli assegnati al gestore se i costi sono tutti già coperti dai ricavi realizzati? Sono destinati solo ad aumentare l’utile: un regalo alla società madre Acea e ai suoi soci». Non solo, vi sarebbe un complicato gioco di società con strategemmi finanziari gonfia-bollette. «Dall’analisi dei bilanci di ACEA ATO 2 S.p.A. – affonda il Forum dei movimenti per l’acqua – si riscontrano numerosi meccanismi che fanno lievitare i costi tariffari a beneficio di ACEA S.p.A. L’azienda ha infatti istituito con le sue controllate un rapporto di tesoreria (tecnicamente cash-pooling)».
GESTORE IDRICO… O BANCA?
«Praticamente – affermano i cittadini del FOrum per l’acqua bene comune – ACEA S.p.A. è la banca di ACEA ATO 2 S.p.A: preleva gli utili da ACEA ATO 2 S.p.A. e poi li restituisce sotto forma di prestito a tassi di interesse maggiori a quelli di mercato, ricavandone cospicui proventi finanziari». E il bello, si fa per dire, è che la società principaleavrebbe debiti verso la società figlia che gestisce l’acqua a Roma e provincia (esclusi Anzio e Nettuno, che sono sotto Acqualatina). Ma chi paga? «ACEA ATO 2 Sp.A. ha crediti verso la casa-madre pari a 86.994.000 di euro e che per gli stessi ha accantonato per “svalutazione crediti” la somma di 10.794.000 di euro, cioè la morosità di Acea verso la sua controllata viene fatta pagare agli utenti, mentre ai cittadini che non riescono a pagare le bollette viene staccata l’acqua! Queste strategie, mirate esclusivamente alla massima estrazione del profitto, incatena ACEA ATO 2 S.p.A. in una spirale debitoria creando un costante aumento dei costi finanziari che pesano fortemente sulla tariffa». Wall Street è a New York, ma certi mercanti sono già ben inseriti a casa nostra.