LA TERZA ONDATA È PIÙ DURA
Questa terza ondata è più dura delle precedenti, perché le varianti hanno reso più subdolo il virus e anche perché la società intorno a noi sembra quasi non voler più interessarsene. Si pensa più ai soldi che alla vita delle persone, ai propri interessi più che alla propria sicurezza. Il risultato è che nemmeno più i periodi di zona rossa e l’avanzamento del numero dei vaccinati bastano a frenare il virus.
Sarà perché ormai è più di un anno che siamo invischiati in questa pandemia, sarà perché l’inizio delle vaccinazioni ci ha fatto sentire un po’ fuori dal tunnel del Covid, ma una grossa fetta di popolazione non sembra essere cosciente di cosa si sta vivendo oggi negli ospedali. Chi si ammala di Covid e non può restare a casa, perché magari la saturazione è calata troppo o la febbre non accenna a scendere o ci sono altre gravi complicazioni, viene catapultato in una realtà che nemmeno immaginava. Lunghe code delle ambulanza davanti agli ospedali, con ore di attesa su una barella, giorni e giorni su un letto del pronto soccorso in attesa che se ne liberi uno in qualche reparto di qualche ospedale nel Lazio e, per i più gravi, la difficoltà ora anche di trovare un posto in terapia intensiva. Un vero incubo, purtroppo molto reale.
LA PANDEMIA ‘DIMENTICATA’
Che senso ha allora riaprire per soli 2 giorni le scuole prima delle vacanza di Pasqua, oppure sbrigarsi a passare da rosso ad arancione, appena un indice cala sotto il limite anche di un solo centesimo di punto? Gli ospedali che traboccano di malati e i numeri quotidiani di nuovi casi non dipingono certo un quadro “arancione”.
Chi si appella poi all’enorme danno economico che sta subendo, dovrebbe riflettere sul fatto che per fare oggi una settimana in più in arancione (con comunque scarsissimi guadagni), allunghiamo l’uscita dalla pandemia di due settimane; il vero guadagno lo avremmo avuto tutti a stare chiusi in “super-rosso”, abbattere totalmente la diffusione del virus e a quel punto tornare alla vita ‘normale’. E non è un’utopia: diverse nazioni nel mondo hanno già raggiunto questo risultato, altre, come noi, sono ancora in piena pandemia. Troppi nostri politici sembrano guardare più agli indici di popolarità che alla soluzione giusta.
“A Pasqua stiamo a casa” è l’appello che ognuno di noi dovrebbe fare a se stesso, per preservare la propria salute e quella dei propri cari e anche per non allungare di mesi e mesi questa agonia fatta di troppi morti e di enormi perdite economiche.