Il Tar boccia l’Ordinanza con la quale il presidente Zingaretti ha cercato di imporre a Roma Capitale, alla Città Metropolitana di Roma (ex Provincia), alla Provincia di Latina e ai rispettivi Comuni di adottare, entro 30 giorni, un piano impiantistico per l’autosufficienza nel trattamento, trasferimento e smaltimento dei rifiuti. La Giunta Zingaretti torna alla carica riproponendo l’ultimatum con due distinte delibere.
E dà 60 giorni di tempo: se entro fine luglio Province e Comuni romani e pontini non diranno dove fare le discariche e tutto il resto, la Regione lo farà al loro posto. In particolare, la fretta è dettata dall’urgenza di trovare discariche dove smaltire gli scarti degli impianti di Trattamento Meccanico cosiddetto Biologico (TMB), fabbriche che trasformano l’indifferenziato in balle da bruciare in inceneritori e cementifici. Circa metà dei rifiuti che ricevono finisce invece in discarica. Le uniche due discariche rimaste aperte nel Lazio, Civitavecchia e Viterbo, si stanno esaurendo.
IL NODO DEGLI “ATO” E IL GIOCHETTO CON L’EUROPA
Ma il cuore del problema è il mancato decollo della raccolta differenziata a Roma. Il rimpallo delle responsabilità sostanzialmente riguarda le competenze attribuite dalla legge agli ATO: Ambiti Territoriali Ottimali che corrispondono alle 5 province. Pur essendo stati individuati da molti anni, non sono mai stati istituiti e dotati di pieni poteri decisionali. La fretta dunque proviene da una serie di ritardi e inadempienze della Regione stessa. Sviste e magagne che l’Unione Europea, con apposita procedura di verifica, ha deciso di mettere in chiaro una volta per tutte. Nel mirino ci sono proprio gli attuali TMB, che senza inceneritori e discariche non possono esistere. La procedura europea rischia di far saltare i fondi UE del “Pacchetto per l’Economia Circolare” e buona parte di quelli del Recovery Fund. Questa è la storia del gioco delle tre carte al quale, allibiti, stiamo assistendo. Nel 2009 la Commissione Europea apre una procedura di infrazione perché si continuava a smaltire rifiuti indifferenziati nelle discariche laziali (Malagrotta e Borgo Montello, a Latina confine con Nettuno). È il caso EU Pilot 629/09/ENVI per violazione della direttiva comunitaria n. 1999/31/CE che dal 1999 impone l’obbligo di non smaltire più i rifiuti indifferenziati tal quali sia in discarica che negli inceneritori. La Commissione Europea rigetta le giustificazioni della Regione e presenta ricorso alla Corte di Giustizia europea. Il 15 ottobre 2014 l’Italia viene condannata per il caso Lazio (sub-ATO di Roma e sub-ATO di Latina), anche per l’inerzia della Regione che non ha creato una rete integrata e adeguata di impianti di gestione dei rifiuti.
PORTA A PORTA “SABOTATO”
Oltre a non aver raggiunto nemmeno lontanamente gli obiettivi di raccolta differenziata, previsti per ridurre al minimo i rifiuti in discariche e inceneritori. Ma quella sentenza non è servita molto. Anzi…
Invece di attivare una rete di impianti davvero rispettosa della normativa comunitaria (dove incenerimento e discariche vanno utilizzati quando proprio non si può riciclare), nel Lazio si è puntato tutto sul trattamento dei rifiuti indifferenziati con i TMB e i TM (trattamento meccanico). In pochissimi anni questi stabilimenti sono stati autorizzati a ricevere quasi 2 milioni di tonnellate l’anno: circa 2/3 di tutta l’immondizia prodotta nel Lazio. Con questo tipo di impianti però non c’è mai una buona raccolta differenziata. Hanno bisogno di inceneritori e discariche e quindi di “mangiare” a più non posso rifiuti indifferenziati. Mentre la separazione dei rifiuti fatta a casa dai cittadini (il porta a porta) fa volare la differenziata… Non deve stupire quindi se la raccolta “porta a porta” viene azzoppata, o addirittura cancellata per rimettere gli inefficienti cassonetti stradali anche laddove c’era, tipo a Ostia.
L’EUROPA SI E’ SCOCCIATA
Nel frattempo il Parlamento Europeo, nel 2018 ha approvato il “Pacchetto per l’Economia Circolare”, fissando nuovi obiettivi molto stringenti: tra questi c’è l’obbligo della raccolta separata dell’organico (scarti di cucina, frutta e verdura deteriorata, ecc.) che non potrà più essere gettato nei cassonetti per l’indifferenziato. L’obbligo scatta dal 2023 e dovrà essere rispettato entro il 2024. Stesso discorso per altri adempimenti: entro il 2035, ad esempio, massimo il 10% di tutti i rifiuti potrà finire in discarica e solo se non possono essere riciclati in alcun modo. Le 4 direttive comunitarie del Pacchetto dovevano essere recepite a livello nazionale e inserite nei Piani regionali di gestione dei rifiuti entro il 5 luglio 2020. Ma Regione Lazio il suo Piano lo ha approvato un mese dopo, il 5 agosto 2020. Prima, a gennaio 2019, la Giunta Zingaretti aveva adottato le linee guida destando subito molte perplessità nell’Unione Europea. L’UE il 9 aprile 2019 ha chiesto perciò chiarimenti. E anche stavolta le risposte della Regione, a firma dell’ing. Flaminia Tosini, non hanno soddisfatto gli ispettori di Bruxelles. Pertanto, il 22 novembre 2019 è scattata la nuova procedura di verifica EU Pilot n. (2019)9541, con ulteriori richieste di spiegazioni. L’Europa in sostanza voleva e vuole sapere: come mai nel Lazio la differenziata progredisce molto lentamente; per quale motivo il “nuovo” Piano regionale continua a prevedere una sovraccapacità di trattamento nei TMB, già conclamata nel 2015; a che punto siamo nella capacità/sicurezza di smaltimento con inceneritori e discariche. In particolare l’UE vuole sapere, sempre in riferimento al Pacchetto sull’Economia Circolare e visto che l’attuale sistema di gestione dei rifiuti nel Lazio non è sostenibile, quali misure sono state adottate dalla Regione per invertire tali tendenze.
IL “NUOVO” PIANO FOTONICO
La Regione prende tempo e si arriva al 5 agosto 2020, quando il Consiglio Regionale approva un “nuovo” Piano rifiuti per il periodo 2019-2025 (sì, con inizio dall’anno precedente…). Un Piano in cui di Economia Circolare ce n’è tanta a parole e poco o nulla nella sostanza. Obiettivi principali del Piano sono: 1) aumentare la differenziata fino al 70% entro il 2025; 2) trasformare e rendere efficiente l’impiantistica esistente. Rispetto a questo secondo obiettivo nel testo del Piano si legge che i TMB attuali sono destinati ad essere sostituiti da TMB di “nuova generazione, basati sulla meccatronica e la fotonica”. In 5 anni si prevede così di dimezzare il fabbisogno di discariche e incenerimento. Tale obiettivo sarà raggiunto con “una azione congiunta di massimizzazione della raccolta differenziata e di modifica graduale del sistema di gestione dei rifiuti”. Dunque: avanti tutta con i nuovi TMB a selezione meccatronica e fotonica. Che però, aggiungiamo noi, hanno senso solo se si continuano a conferire grandi quantità di rifiuti indifferenziati…
Ecco perché stavolta l’UE vuole vederci chiaro fino in fondo per capire dove andranno a finire i finanziamenti del Pacchetto per l’Economia Circolare e del Recovery Found.
2 LEGGI NEL CASSETTO…
Ecco spiegata anche la grande fretta che ha messo recentemente la Regione Lazio agli Enti locali per obbligarli a individuare le discariche che dovranno tenere in piedi questo sistema malato. Ma a pagina n. 342 del “nuovo” Piano regionale si dice anche che: “Al fine di armonizzare gli indirizzi e i contenuti del presente piano, entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione sul BURL del Piano, il Consiglio regionale dovrà approvare una legge di definizione, attivazione e regolazione degli ATO e degli enti di governo” (divenuti EGATO, ndr).
Questa legge regionale tutt’oggi non esiste. Le due proposte, sono state presentate rispettivamente dai Consiglieri Pernarella, Corrado e De Vito del Movimento 5 Stelle (nel frattempo entrato in maggioranza in Regione) e dall’ex pentastellato Cacciatore. Ma non sono ancora arrivate in Aula per l’approvazione. Ecco spiegata quindi anche la grande fretta della Regione, che da un lato cerca di nascondere la sua grave responsabilità nella istituzione degli ATO provinciali, mentre dall’altro dice all’Europa che sta provvedendo all’attuazione del “nuovo sistema”. Il gioco delle tre carte.