IL MISTERIOSO BLOCCO
Questo aveva in sostanza rilevato la prima – e finora unica – edizione dell’indagine Eras per il periodo 1996 – 2008. La ricerca aveva studiato le popolazioni intorno a 10 discariche e 4 inceneritori allora in funzione nel Lazio. Ma pure intorno agli allora 7 TMB, gli stabilimenti di trattamento meccanico cosiddetto “biologico” che in pratica producono le balle da bruciare negli inceneritori. I dati furono messi nero su bianco nel 2013, in gergo scientifico. Noi avevamo letto, studiato e tradotto quei risultati in un linguaggio non tecnico, comprensibile a tutti. Ma dopo la nostra inchiesta di inizio 2014, l’indagine fu fermata. Da allora più volte abbiamo chiesto perché, da queste pagine e anche con lettere formali agli uffici regionali, sollecitando il riavvio dell’indagine. Agli Assessorati all’ambiente, ai rifiuti e alla salute chiedevamo anche se e quando avrebbero riavviato il programma Eras. Tra slalom di cortesia, scaricabarile e supercazzole in burocratese, finalmente ad aprile dell’anno scorso un gentile addetto stampa dell’Assessore regionale ai rifiuti ci scrisse che erano stati “recuperati i fondi”. Ed ora ci siamo: 19 mesi dopo quella risposta e 18 anni dopo la conclusione della prima edizione della ricerca Eras.
“NECESSARIO PROSEGUIRE”
Ora l’hanno finanziata con 230mila euro. Lo scorso 16 novembre il direttore della Direzione regionale politiche ambientali e ciclo dei rifiuti, ing. Flaminia Tosini, ha firmato un’apposita determinazione. Il provvedimento porta il numero G13554. Approva l’aggiornamento e autorizza all’impegno di spesa. I soldi andranno alla Asl Roma 1, con l’incarico di aggiornare e integrare il programma di epidemiologia ambientale Eras Lazio. Un programma approvato dalla giunta regionale guidata da Piero Marrazzo il 22 dicembre 2008. La nuova determina riconosce quello che da quasi 6 anni andiamo dicendo: è “necessario proseguire le attività di valutazione dello stato di salute della popolazione esposta a processi di raccolta, trasformazione e smaltimento dei rifiuti urbani, al fine di fornire al pubblico, agli amministratori e agli esperti informazioni aggiornate e tecnicamente corrette in materia”. Come si fa, ad esempio, a stabilire una strategia di gestione dei rifiuti senza tali aggiornamenti?
IL CARRO DAVANTI AI BUOI
Eppure ad agosto 2019 il Consiglio regionale ha approvato il “nuovo” Piano rifiuti del Lazio. Come si fa a decidere gli impianti realizzare e dove metterli senza questi dati igienico-sanitari e ambientali? Infatti la stessa determinazione che impegna 230mila euro per aggiornare il programma Eras sottolinea la “necessità di monitorare gli effetti che ciascun processo tecnologico di trattamento dei rifiuti, adottato o adottabile all’interno del territorio regionale, potrebbe generare sull’ambiente, sulla popolazione residente e sui lavoratori”. Inoltre, lo studio è importante anche perché non si limita al solo impatto del singolo impianto. Vuole invece “tenere conto anche del ruolo di altri fattori (inquinanti generati da traffico veicolare o altri siti industriali presenti nelle vicinanze)”. Un dato notevole, visto che spesso e volentieri i progetti per gli impianti evitano accuratamente di far emergere l’effetto cumulo, ossia il reale impatto derivante dall’intero contesto.
USERANNO BENE I DATI?
Certi tecnici fanno i vaghi e magari trovano burocrati e politici complici o distratti. Ad esempio su Roma, come ignorare la vecchia Malagrotta? Oppure Albano, martoriata da 40 di discarica a Cecchina senza nemmeno il telone sotto per evitare di avvelenare la falda idrica: come decideranno sul progetto del “bio”gas da 60mila tonnellate l’anno previsto nello stesso sito? E ad Aprilia, Pomezia o Latina, non si dovrebbero chiudere gli occhi sui decenni di emissioni dalle fabbriche né sulle discariche e altri siti per rifiuti sparsi qua e là. Se avessero dato servizi sanitari pubblici all’altezza della situazione e con la stessa rapidità con cui fanno fare gli impianti monnezzari, almeno ci si potrebbe curare.
I clamorosi risultati della prima indagine Eras
Periodo 1998 – 2006.
Il segno + è in rapporto alla media regionale
ROMA: DATI DRAMMATICI
Nel raggio di 7 km intorno alla discarica di Malagrotta, più mortalità e più ricoveri per uomini e donne. Decessi tra i maschi: +5% per tutte le patologie, +16% morbo di Parkinson e altre malattie del sistema nervoso centrale SNC, +14% linfomi non Hodgkin. Decessi donne: +56% di tumori alla laringe (entro i 2 km), +34% per tumore alla pleura, +25% per tumore a trachea, bronchi e polmoni, +19% per broncopneumopatia cronica ostruttiva BPCO, +14% per linfomi non Hodgkin, +13% per tumore alla mammella, in modo particolare per quelle esposte ad alte concentrazioni di PM10 (inceneritore). I residenti (uomini e donne) più vicini agli impianti ricorrono più frequentemente alle cure ospedaliere per tutte le cause (+8%), specialmente per malattie circolatorie, urinarie e dell’apparato digerente. Tra gli uomini aumento significativo dei ricoveri per patologie della tiroide. E vicino ai TMB di Roma? A Rocca Cencia e Salario “tra le lavoratrici sono stati osservati eccessi di morbosità per cause respiratorie, gastrointestinali e per traumatismi”. Il sito internet di Eras Lazio per i TMB romani riporta gli stessi identici e terribili risultati di Malagrotta: una svista, si direbbe. Nel dubbio, non li citiamo.
LATINA E CASTELLI ROMANI
Tra i residenti nel raggio di 5 km dalle due discariche di Latina-Borgo Montello: i maschi muoiono di più per tumori dell’encefalo e del sistema nervoso centrale (+61%), al rene (+60%), alla vescica (+40%). Decessi donne: +36% per tumori allo stomaco, +33% di malattie dell’apparato genito urinario. +11% di ricoveri tra gli uomini e +6% tra le donne per tutte le cause. Ad Albano, tra gli uomini +14% di morti in generale, +76% per malattie dell’apparato genito urinario, +71% per linfomi non Hodgkin, +50% per tumori del tessuto linfatico ed ematopoietico, +44% per malattie dell’apparato respiratorio, +22% per tumore alla vescica. Decessi tra le donne: +12% per tutte le cause, +69% per tumori a trachea, bronchi e polmoni, +60% per leucemie, +39% per malattie respiratorie, +21% per malattie ischemiche. Ricoveri: tra gli uomini +74% per BPCO, +34% per malattie respiratorie. Ricoveri donne: +83% per tumore alla mammella, +41% per malattie respiratorie, +36 per malattie ischemiche, oltre il doppio per BPCO. Male anche presso gli altri siti di trattamento di rifiuti a Colfelice (Fr), Viterbo e Guidonia: tumori di tutti i tipi decisamente superiori all’atteso.
POMEZIA, ARDEA, APRILIA, ANZIO: E GLI ALTRI ASSEDIATI DAI RIFUTI?
Nulla è dato sapere su Pomezia e Ardea, dove da anni opera una giungla di impianti e dove sono stati presentati 4 cosiddetti “bio”gas, tra cui il più grande d’Europa (il gruppo Cerroni lo vorrebbe nel IX Municipio, in località Solforatella). Sempre a Pomezia, dopo altri 6 nuovi progetti e un ampliamento di un impianto esistente, la Città Metropolitana, senza tutti i necessari passaggi, ha autorizzato a dicembre 2018 altre 254mila tonnellate l’anno di rifiuti, a qualche centinaio di metri da asilo nido, ospizio e abitazioni. Una quantità record, mai vista prima tutta insieme in simili progetti da queste parti. Ad Anzio, nel raggio di 300 metri, hanno presentato: 2 “bio”gas, uno è fatto e l’altro (dell’ex capo del settore rifiuti della Provincia di Roma…) è in bilico al Tar, e lo stoccaggio di 30mila tonnellate. Complessivamente tra Roma sud (IX Municipio) e litorale a sud della Capitale si arriva a un milione e 56mila tonnellate. Nulla su Aprilia, dove il TMB inaugurato a dicembre 2013 ha quintuplicato le quantità di rifiuti, non senza problemi coi controllori regionali e la Procura. E sempre ad Aprilia, da anni i cittadini lamentano il forte impatto della fabbrica di cosiddetto compost Kyklos. Un sito già sequestrato dalla magistratura e ora in mano ad Acea, che vorrebbe farci un “bio”gas, a due passi da Latina e Nettuno. Ma tutto questo nella prima ricerca Eras Lazio non c’è. La speranza è che la nuova indagine Eras faccia un po’ di luce per i siti attuali e futuri.