Consigliera Montella, partiamo dalla fine, come l’hanno salutata?
“Con una lettera da parte del Capogruppo, non una parola. Una lettera diretta al presidente dell’Asssemblea capitolina Marcello De Vito e al Segretariato generale. A sua volta il Segretario mi ha messo a conoscenza girandomi la missiva. Una lettera che per me non ha validità”.
Perché? Eppure è sembrata piuttosto chiara. Le si chiede di farsi da parte.
“Il regolamento dell’assemblea capitolina all’articolo 21 non prevede l’espulsione di un consigliere da un gruppo. Secondo lo Statuto del M5S l’espulsione dal Movimento 5 Stelle può essere fatta solo dai probiviri. Non avendo ricevuto alcuna comunicazione dai probiviri mi trovo nella strana situazione di far parte del Movimento 5 Stelle, ma non del gruppo consiliare capitolino del Movimento 5 Stelle. Mio malgrado, mi vedrò costretta ad adire le vie legali per tutelare la mia persona e il percorso politico finora svolto nel pieno rispetto dei principi del Movimento 5 Stelle che mi onoro di rappresentare”.
Fatto sta che non la vogliono.
“Forse perché alla fine mi sono ritrovata su una linea critica. Ma sono loro che hanno cominciato a non osservare il programma politico”.
Come ha fatto notare la sua collega Cristina Grancio, ex M5S ormai al Gruppo Misto, ora ci troviamo con lei fuori e Marcello De Vito, presidente dell’aula Giulio Cesare imputato nel processone sul caso-stadio, con la fascia tricolore e dentro il M5S, nonostante l’inchiesta della Procura di Roma ancora in corso.
“È ovvio che vista la tolleranza adottata con De Vito non mi sarei aspettata tanta rigidità con me. Con me c’è astio, mentre tutti zitti con qualcuno che potenzialmente potrebbe aver commesso errori molto gravi e sta sotto processo”.
Perché pesi diversi?
“Io sono troppo passionale. E ora mi sento trattata male. Già quando mi ero candidata come facilitatore regionale sono arrivate le prime pressioni. Un articolo su un quotidiano mi dava per spacciata, anzi per espulsa. Ma le firme raccolte sono state protocollate ora dopo un paio di settimane”.
Il motivo della cacciata?
“Ho fatto tanta attività di controllo. Su Ama, Tari, Porta a porta, sui Servizi Cimiteriali, sulla Centrale del latte di Roma, sui dati del Bilancio, sulla delibera con cui si liquidava Roma Metropolitane da me considerata troppo povera per liberarsi di una azienda strategica. Sulle varie partecipate in genere. Faccio parte della Commissione trasparenza. Mi sono sentita molto sola”.
E non è neanche la prima volta, mi pare.
“Alcune volte ero proprio sola a gestire la Commissione, ma mi sono sentita anche lasciata sola, non supportata negli argomenti. Ho dovuto affrontare mille difficoltà, come la scarsissima condivisione dei documenti. Mi ero lamentata più volte col Segretariato, era impossibile lavorare così”.
Ammettiamolo pure che però lei si è messa decisamente di traverso.
“La sfiducia da parte mia è iniziata dalla vicenda dello stadio. C’era mancanza di trasparenza. Vedi il parere secretato. I problemi sul fronte stadio poi sono usciti con le inchieste della magistratura. Non ho mica voluto fare opposizione ma solo chiedere trasparenza. Non si può votare a occhi chiusi. Vedi anche il Bilancio. All’inizio c’era più accesso ai dati per esempio per il monitoraggio della spesa. Le commissioni di bilancio non si fanno più. Sui crediti inesigibili Tari chiedo da settembre di affrontare il tema in commissione Bilancio”.
Ed ora?
“Io so che non lo merito. Ho lavorato tanto. Invece mi sono ritrovata trattata come una pregiudicata, una corrotta. Con la Grancio ci siamo supportate. Senza il suo trascorso non ce l’avrei fatta”.
E la sindaca…
“Dalla Raggi silenzio assoluto. Non ho contatti da tempo. Vorrebbero liquidarmi così, ma sono stati loro a non rispettare il programma”.
Ricorrerà per vie legali?
“Vedremo. Niente è escluso”.