“USCIRE DA LUOGHI COMUNI E STEREOTIPI”
«Il progetto Aware Migrants – spiega a il Caffè di Roma Piera Mastantuono, giornalista e membro del coordinamento dell’associazione Carta di Roma – è stato promosso inizialmente dall’Oim, organismo internazionale collegato alle Nazioni Unite che si occupa di migrazioni, che lo ha avviato nel 2016. Noi, come Carta di Roma, siamo subentrati nel 2018. Ci siamo occupati in particolare della formazione professionale dei giornalisti. Abbiamo svolto varie iniziative formative in tutto il territorio italiano, portando testimoni diretti della diaspora e giornalisti africani, in modo che potessero essere loro stessi a testimoniare in prima persona ai colleghi italiani la realtà dei paesi d’origine e delle migrazioni. Volevamo mettere i giornalisti italiani in contatto con persone reali, che potessero divenire fonti dirette della realtà complessa del fenomeno migratorio. Dopo questa prima fase, ci siamo recati direttamente nei paesi africani. Siamo andati in Nigeria, Senegal, Costa D’Avorio e in Tunisia, per incontri formativi con i giornalisti di quei paesi. Paesi come il Senegal, o la Tunisia, dai quali arrivano in Italia molti migranti, sono raccontati pochissimo dai media italiani, e questo non aiuta a dare del fenomeno delle migrazioni una narrazione approfondita. L’esperienza di questa settimana ci ha insegnato una cosa importante: abbiamo visto che quando le persone, i romani con cui ci siamo trovati a interagire durante le giornate del workshop, dai giornalisti italiani al tassista o l’autista del bus, incontrano altre persone, come questi giornalisti africani, il contatto diretto crea sempre autentico scambio, e può incrinare quella barriera comunicativa che è il maggior ostacolo a scoprire le reciproche realtà, qualità e diversità. Per questo lavoriamo affinché la comunicazione sia approfondita e personificata, per uscire dall’anonimato dei luoghi comuni e degli stereotipi, e creare una narrazione che favorisca incontri tra persone reali».
IL RUOLO CRUCIALE DEI MEDIA
«Durante il workshop – racconta a il Caffè di Roma Tersoo Zamber, giornalista di Radio Nigeria, una delle maggiori emittenti radiofoniche del suo paese – abbiamo avuto la possibilità di scambiare idee, visioni e progetti con i giornalisti italiani qui in Roma. Siamo stati accolti nelle redazioni e abbiamo riflettuto insieme ai colleghi italiani sul tema globale delle migrazioni, e sul ruolo che i media hanno nel raccontarlo. L’umanità sta perdendo esseri umani. I giovani africani muoiono nel Mediterraneo, nel deserto, nei campi di prigionia in Libia, ed è nostro dovere come giornalisti fare la nostra parte, insieme, affinché questo non avvenga più. C’è bisogno di un racconto approfondito, rigoroso, basato su fatti che siano costantemente verificati, ed è necessaria una maggior cooperazione tra i giornalisti dei vari paesi, africani ed europei, in modo da fornire un racconto del fenomeno migratorio che non distorca la realtà, e, così facendo, contribuisca a migliorarla».
“SERVONO POLITICHE MIGRATORIE ADEGUATE”
Battere luoghi comuni e stereotipi: su questo punto insiste anche Joshua Odeyemi, multimedia journalist di uno dei giornali più importanti della Nigeria, il Daily Trust Newspaper. I suoi sono pezzi che arrivano dai territori del Nord Est della Nigeria, falcidiati da Boko Haram (un’organizzazione terroristica jihadista diffusa nel nord della Nigeria). Sono molte, da quell’area, le migrazioni sia verso altri paesi africani che verso l’Italia e altri paesi europei. «Incoraggio davvero – dice Odeyemi – sia i giornalisti che i cittadini italiani ad approfondire di più la complessa realtà dei paesi africani. Spesso ci si sofferma sul racconto dei viaggi in mare dei migranti, e tante volte si resta incastrati nella narrazione di stereotipi che non aiutano i cittadini ad entrare nella complessità di queste vicende. Siete italiani, avete una cultura millenaria ricchissima, meravigliosa, siete da sempre maestri nel coinvolgervi più in profondità nelle storie di chi è straniero. Incoraggio davvero i giornalisti ad appassionarsi, approfondire, capire e raccontare l’Africa, gli africani, per far scoprire agli italiani chi sono questi ragazzi che arrivano nel loro paese, da dove vengono, quali sono le reali ragioni che li hanno costretti ad emigrare, qual è la cultura dalla quale provengono, quali sono le loro radici, i loro talenti e doni, e quale contributo possono dare all’Italia. Penso che si debba passare dal racconto in negativo dei migranti come stranieri pericolosi, talvolta eccessivamente criminalizzati, alla narrazione in positivo di persone provenienti da realtà complesse e diverse, che però possono diventare nuove risorse per il paese in cui arrivano. Col fenomeno delle migrazioni abbiamo tutti un problema, ce lo ha l’Italia, ce lo ha la Nigeria, ce lo ha il mondo. Il mio paese, per esempio, che ha una popolazione di 200 milioni di persone di cui il 60% sono giovani, sta vedendo morire nei deserti e nel Mediterraneo tanti ragazzi di queste nuove generazioni. Giovani in gamba, capaci, qualificati, che semplicemente, il più delle volte, cercano un’opportunità che nel loro paese non trovano, ma, usando mezzi irregolari di immigrazione, rischiano e spesso perdono la vita. È urgente che paesi come quelli dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, creino politiche su larga scala e accordi legali con paesi come la Nigeria, per strutturare percorsi comuni che trasformino il fenomeno migratorio sempre più in un’opportunità che giovi a entrambe le parti. Più saranno solide queste politiche legali, e più sono convinto che il fenomeno delle migrazioni irregolari, che causa tanto male sia agli africani che agli italiani, sarà notevolmente ridotto e contenuto».