In due anni e mezzo il Campidoglio è riuscito a chiudere solo un campo rom su undici, al costo di circa 10 milioni di euro, pochissime anche le famiglie che hanno trovato un alloggio alternativo e un lavoro. Sono invece 300 le mini baraccopoli sorte a Roma nel 2019. Sono i numeri del piano rom lanciato dalla Giunta Raggi con la promessa di “superare i campi e riportare Roma in Europa”. A bocciarlo su tutta la linea l’associazione 21 luglio, onlus da anni impegnata nella difesa dei diritti della comunità rom. Il report è stato presentato alla Camera del report “Dove restano le briciole”, dossier che fa il punto sui risultati raggiunti dall’amministrazione sul tema, registrando un divario ancora tutto da colmare tra promesse e azioni reali. La notizia è stata lanciata da Roma Today. In due anni e mezzo i traguardi raggiunti dall’applicazione del piano sono giudicati isufficienti. Doveva interessare gli undici villaggi attrezzati sparsi sul territorio romano, ma solo un insediamento è stato chiuso, e male, il Camping River sulla via Tiberina. Smantellato nel mese di luglio 2018 a colpi di ruspa dopo un percorso di inclusione dei nuclei familiari che, stando ai dati forniti dall’associazione, ha assicurato una sistemazione abitativa al solo 12% della popolazione del campo, doveva fare da banco di prova dell’intero piano. Una pessima partenza. Ad oggi è aperta una procedura di gara per l’affidamento dei servizi atti al superamento nel maxi campo di Castel Romano. Mentre nelle baraccopoli La Barbuta, al confine con Ciampino, e Monachina, nel XIII municipio, le operazioni sono in corso da un anno. In entrambi opera la Croce Rossa Italiana, regolare affidataria tramite bando.
17/01/2020