Le indagini, svolte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria, hanno avuto origine dal fallimento, dichiarato alla fine del 2016, della Nuove Telecomunicazioni S.p.a., operante nel settore della progettazione e costruzione di infrastrutture per le telecomunicazioni. All’atto del fallimento la società aveva accumulato debiti nei confronti dell’Erario per oltre 60 milioni di euro, importo che costituisce quasi l’intero ammontare dello stato passivo accertato, pari a circa 67,6 milioni di euro.
Gli approfondimenti effettuati hanno fatto emergere come, attraverso l’iscrizione di un credito inesistente sia stato portato avanti un processo, mediante il quale Mazzoni ha potuto proseguire la stessa attività senza il “peso” dei debiti accumulati nel tempo.
Mazzoni ha beneficiato di un consistente portafoglio di appalti – del valore di circa 47 milioni di euro – con le più importanti società nazionali e internazionali del settore delle telecomunicazioni, nonché delle attestazioni necessarie per partecipare all’assegnazione di lavori pubblici. La società preesistente, invece, svuotata di qualsivoglia attività, è stata “abbandonata” all’inevitabile dissesto finanziario, privando i creditori di ogni garanzia patrimoniale.
Il Giudice per le Indagini Preliminari, evidenziando che le “condotte di bancarotta poste in essere dagli indagati non possono considerarsi sporadiche e occasionali”, ha disposto: la custodia cautelare in carcere nei confronti di Mazzoni Pietro, amministratore di fatto della fallita; gli arresti domiciliari per Levratto Gianluigi (classe 1954), ultimo amministratore di diritto dell’impresa; la misura interdittiva del divieto di esercizio di uffici direttivi delle persone giuridiche per 12 mesi nei confronti della madre di Mazzoni, Fanelli Elvira (classe 1938), e Colombo Roberto (classe 1958), entrambi amministratori di diritto pro tempore; il sequestro preventivo per equivalente di beni mobili e immobili fino alla concorrenza di oltre 14 milioni di euro, pari alle imposte e alle ritenute non versate dalla società negli ultimi anni prima della dichiarazione di fallimento.
L’operazione odierna rientra nell’alveo delle attività svolte dalla Guardia di Finanza per tutelare la collettività dal grave danno arrecato al sistema economico da soggetti che operano sul mercato in modo spregiudicato, falsando la leale concorrenza e sottraendo introiti all’Erario.