IL MINISTERO SCENDE IN CAMPO Gli interventi fanno parte della Convenzione sottoscritta tra Roma Capitale e il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che prevede un finanziamento totale di 425 milioni di euro. Risorse stanziate a gennaio 2018 dall’allora Governo Gentiloni. Sempre con parte dello stesso tesoretto è partita a fine ottobre anche una gara per la fornitura di 20 nuovi treni delle metro A, B e B1. Oggetto del bando da 169 milioni di euro la progettazione, costruzione, fornitura e manutenzione di 15 treni da adibire al servizio di trasporto pubblico sulla linea B e B1 della metropolitana di Roma comprensiva di cinque anni di manutenzione full service. La progettazione, costruzione, fornitura e manutenzione di altri 5 treni per la linea A della metropolitana di Roma, anche in questo caso comprensiva di cinque anni di manutenzione completa. Infine la fornitura dei materiali di prima scorta, e per atti vandalici ed incidenti, comprensiva delle attività opzionali di riparazione da compensarsi a misura.
SCAGIONATI I 3 DIRIGENTI ATAC
Un intervento di ammodernamento non più rinviabile dopo i guasti che hanno paralizzato per mesi il centro e fatto contare anche feriti, come quello che nell’ottobre 2018 ha causato il ferimento di una ventina di tifosi russi a Repubblica per il cedimento di una scala mobile. Incidenti da cui era scaturita una inchiesta per frode delle pubbliche forniture, lesioni e disastro colposo con 15 indagati, compresi tre dirigenti Atac. Tre dirigenti rimmessi in ufficio dai giudici del Riesame che hanno annulato la misura cautelare della sospensione del servizio per un anno. A Ettore Bucci, Renato D’Amico, Alessandro Galeotti, secondi i giudici del tribunale per la libertà, al massimo si può contestare superficialità e non la connivenza con la ditta che in alcuni casi sarebbe intervenuta con riparazioni farlocche. I legali – tra cui Tiziano Gizzi, Martina Premutico e Fabio Viglione – avevano puntato sull’insussistenza delle esigenze cautelari e su alcuni vizi formali dell’ordinanza. Per il Galeotti, responsabile di esercizio delle stazioni di Repubblica e Barberini, come per i colleghi, la procura ipotizzava che avesse agevolato le frodi delle ditta appaltatrice, occultandone gli inadempimenti. “Se fosse stato in combutta” hanno concluso i giudici “gli sarebbe stato sufficiente fingere di andare in stazione e semplicemente fingere di effettuare una verifica dell’impianto in realtà non fatta o fatta in maniera del tutto superficiale e non compiere eventuali falsi tra l’altro mai contestati”. Invece, come i colleghi, ha preso anche iniziative contro gli interessi della ditta appaltatrice. Nessuna collusione quindi. “Non è dato comprendere quale interesse il Galeotti avesse di attestare con verifiche non eseguite il regolare svolgimento delle manutenzioni” sottolineano i giudici “mettendo a repentaglio la sicurezza di impianti che erano sotto la sua stessa responsabilità e per il difettoso funzionamento dei quali avrebbe potuto personalmente chiamato a rispondere in sede penale e civile”.