RAGGI: IL TAR CI DA RAGIONE
“Mi sembra che il Tar abbia dichiarato sostanzialmente che la decisione presa dall’assemblea capitolina è corretta e quindi andiamo avanti così”, ha dichiarato la sindaca. “Il nostro progetto” ha proseguito “è quello di risanare la società. Lo abbiamo sempre detto e non ci siamo mai risparmiati sul tema dei lavoratori”.
CGIL: DALLA SINDACA PAROLE INQUIETANTI
Parole inquietanti quelle della prima cittadina di Roma, almeno secondo la Cgil Roma Lazio. “Il rigetto della sospensiva non è fondato sul merito” gli ha risposto il sindacato “ma su una carenza di legittimazione a ricorrere. Resta inevaso il problema della legittimità del percorso seguito dalla giunta e dall’assemblea capitolina in questa vicenda”. “Oltre a rendere incerto il futuro di oltre 150 lavoratori”, ha aggiunto la Cgil, “la liquidazione di Roma Metropolitane darà un colpo ferale alla mobilità romana, pregiudicando il completamento della metro C e gli ammodernamenti delle linee A e B, per l’inevitabile blocco degli stanziamenti governativi”. La verità si scoprirà a breve.
IL COLPO DI CODA DELL’EX
La sospensiva del Tar è il frutto di un ricorso presentato dall’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore di Roma Metropolitane, Marco Santucci, dimessosi a ottobre; da Antonio Lombardi, presidente del Collegio sindacale della società, e da Stefano Fassina, consigliere di Roma Capitale (LeU), rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Vannicelli e Luisa Melara, ex presidente del cda di Ama, una professionista andata via dalla Municipalizzata dei rifiuti vista “l’inerzia Raggi sul tema”. I giudici della seconda sezione del Tar hanno, però, ritenuto “fondate le eccezioni di carenza di legittimazione ad agire sollevate da Roma Capitale nei confronti dei tre ricorrenti, sebbene per ragioni differenti”. LE RAGIONI DEI GIUDICI In particolare “l’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore Marco Santucci è dimissionario dal primo ottobre 2019”, si legge nell’ordinanza, e pertanto “era competente solo per l’ordinaria gestione fino alla nomina del nuovo amministratore e non aveva, quindi, il potere di compiere un atto di straordinaria amministrazione, quale deve ritenersi la proposizione di un ricorso avverso la delibera assunta dal socio unico della società partecipata per la messa in liquidazione della stessa”. Inoltre “non può riconoscersi alcuna legittimazione sostanziale alla proposizione del presente ricorso ad Antonio Lombardi, quale presidente del Collegio sindacale della società Roma Metropolitane e a Stefano Fassina, quale consigliere di Roma Capitale e membro dell’Assemblea capitolina”. Il presidente del Collegio sindacale “non ha la rappresentanza legale della società né è titolare di una situazione giuridica soggettiva lesa dalla delibera tale da fargli assumere una posizione differenziata” e “una legittimazione attiva a impugnare l’atto adottato dall’amministrazione resistente”. Quanto a Fassina, scrivono i giudici del Tar, “non è legittimato a impugnare la delibera in quanto la stessa non risulta direttamente lesiva del proprio munus”, cioè del proprio ruolo.