La Corte d’Appello di Roma nel suo decreto di sequestro descrive così lo spregiudicato imprenditore: ” Risulta che il M. è un evasore fiscale seriale dal 1999 a 2018 e, comunque, una persona che ha commesso violazioni fiscali per milioni di euro, al pari della moglie S.”.
La coppia si è macchiata di una serie di reati economici impressionanti per i quali ci sono diversi procedimenti giudiziari, alcuni già definiti altri ancora in corso. Le accuse: associazione per delinquere finalizzata al compimento di truffe, associazione per delinquere finalizzata a reati di truffa e riciclaggio, plurime bancarotte fraudolente in varie parti d’Italia, turbativa d’asta, plurime truffe (in un caso contestata all’estero), appropriazioni indebite e falso in bilancio, autoriciclaggio, evasione fiscale.
L’uomo era riuscito a compiere una progressiva accumulazione di beni, grazie anche alla costante presenza di prestanome nella gestione delle attività imprenditoriali. Il decreto di confisca descrive la galassia di società nella disponibilità dell’imprenditore, il tentativo di controllo sui centri commerciali, i numerosi fallimenti.
Data dunque la loro pericolosità sociale, il tribunale ha chiesto la confisca dei beni ai sensi del codice Antimafia (art. 4 lett. C). Le indagini patrimoniali sono state condotte dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma, che ha accertato la sproporzione tra i beni posseduti, direttamente o tramite terzi, rispetto ai redditi dichiarati.