Le investigazioni nascono dal controllo fiscale svolto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società operante nel commercio di autoveicoli. Questa avrebbe utilizzato fatture soggettivamente inesistenti, per un volume d’affari di oltre 10 milioni di euro, emesse da società situate nelle province di Alessandria, Brescia, Ferrara, Messina, Milano, Ravenna, Roma, Savona, Treviso e Vicenza, talvolta interponendo, nel rapporto commerciale con i propri clienti finali, ulteriori operatori nazionali, anch’essi risultati formalmente emittenti di fatture ritenute non genuine.
Il meccanismo della frode
Il principale schema di frode all’IVA sarebbe consistito nell’interposizione di società “cartiere” nella fase di acquisto, le quali risultavano approvvigionarsi formalmente di beni di provenienza UE. Queste ultime effettuavano successivamente cessioni nazionali della merce a un valore sottocosto comprensivo di IVA, mai dichiarata o versata all’Erario, alla società beneficiaria, che detraeva il relativo tributo indiretto, oppure ad altre societàcosiddette “filtro”, caratterizzate da un’apparente regolarità nell’assolvimento degli adempimenti dichiarativi e di versamento, la cui principale funzione era quella di allungare la catena di fatturazione con le modalità in precedenza descritte, rendendo più complessa la ricostruzione della filiera commerciale.
Si è riscontrato anche il ricorso ad altre modalità ritenute fraudolente, come, a titolo esemplificativo, l’interposizione di privati nell’acquisto di autoveicoli di origine UE o della Repubblica di San Marino, senza l’assolvimento degli obblighi IVA da parte di questi ultimi grazie all’utilizzo di false attestazioni.
Le Fiamme Gialle di Este hanno arricchito il quadro probatorio attraverso la meticolosa analisi delle informazioni contenute nelle banche dati in uso al Corpo e l’approfondimento di segnalazioni di operazioni sospette ai fini antiriciclaggio, consentendo, in tal modo, di avvalorare l’ipotesi accusatoria.
I provvedimenti adottati
Sulla base delle risultanze investigative così delineate, il G.i.p. del Tribunale di Rovigo, accogliendo la richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica, ha emesso il citato provvedimento cautelare reale, fermo restando che, per il principio della presunzione di innocenza, la colpevolezza in relazione alla vicenda in esame sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
La misura patrimoniale eseguita ha consentito di sottoporre a sequestro le disponibilità finanziarie presenti su 15 conti correnti, nonché tre immobili commerciali, due immobili residenziali e 11 autovetture di pregio, fino a concorrenza del profitto del reato, pari all’IVA indebitamente detratta.
L’attività illustrata testimonia l’efficacia delle sinergie operative tra Istituzioni preposte al presidio delle entrate pubbliche per il contrasto di fenomeni illeciti di comune interesse.