Il Caffè di Roma ha intervistato Barbara Funari, assessora capitolina a Politiche Sociali e Salute, sulla questione dell’accoglienza dei profughi ucraini che ha coinvolto anche Roma, oltre ovviamente ad altre città d’Italia. Assessora Funari, Roma è una delle mete italiane dei profughi in fuga dalla guerra. Come state affrontando queste ondate? “È una situazione in continua evoluzione: abbiamo iniziato subito mettendo a disposizione un numero verde con tutte le info utili, poi abbiamo messo a disposizione alcuni alberghi, ancora prima che si formalizzasse l’unità di crisi guidata dalla Regione Lazio. In questo primo mese di impegno siamo stati soprattutto accanto alle donne ucraine che arrivano qui con i bambini e ci fanno una domanda sul futuro a cui non sempre sappiamo rispondere ma che ci chiama a fare un ulteriore passo. È il momento di pensare alla scuola e all’assistenza sanitaria e poi abbiamo cominciato ad accogliere anche persone fragili. Con un ascolto puntuale poi riusciamo a mettere in campo anche le risposte giuste ma non nascondo che alla luce di questo nuovo momento stiamo provando a richiedere risorse aggiuntive”. Quanti sono gli arrivi ad oggi (18 aprile)? “I dati più attendibili sono quelli del circuito delle tessere sanitarie per gli Stranieri Temporaneamente Presenti che parlano di 10 mila persone accolte su Roma città. Nelle strutture alberghiere in convenzione con la Regione Lazio ci sono circa 2mila persone. Stiamo lavorando anche in collaborazione con il Servizio di Accoglienza e Integrazione con cui abbiamo accolto finora 100 persone. Si tratta di un’accoglienza in famiglie che è più adatta a quelle donne che fuggono con i loro bambini però è chiaro che vanno pensati anche luoghi più strutturati per il lungo periodo”. Qual è stata la risposta dei cittadini romani? “C’è stata da subito una grande generosità, abbiamo istituito un albo perché è chiaro che vanno fatte delle verifiche e poi capite anche le aspettative di chi accoglie. Attualmente ci sono 25 nuclei familiari che ospitano dei profughi ma già 500 hanno dato la loro disponibilità”. Oggi che cosa consigliate a chi vuole dare un aiuto concreto? “Prima di tutto consigliamo di rivolgersi alle forze dell’ordine perché è importantissimo censire e far sapere che è arrivato qualcuno e poi chiamare il nostro numero verde 800.93.88.73 che è sempre attivo e risponde alla nostra unità operativa dove collaborano più di 30 associazioni. C’è anche un bando della Protezione Civile per l’accoglienza diffusa nel territorio rivolta agli enti di Terzo settore perché è chiaro che ora ci vogliono anche delle risorse aggiuntive”. Anche perché, dopo la prima accoglienza, ci sarà il problema dell’integrazione. “Sì, e questo dipenderà proprio dalle risorse che avremo a disposizione. C’è ad esempio un nuovo bando della Regione per la formazione e l’inclusione lavorativa, e soprattutto c’è un tavolo di lavoro delle istituzioni con le associazioni di Terzo settore che si aggiorna mensilmente perché è fondamentale che in questo momento riusciamo a lavorare tutti insieme. Per quanto riguarda la scuola, molti dei ragazzi ucraini sono riusciti a terminare l’anno scolastico seguendo le ultime lezioni con la Didattica a distanza e quindi ci siamo occupati di fornirgli dei device utili allo scopo. Certo a settembre si aprirà uno scenario nuovo, nel frattempo stiamo anche pensando a delle attività estive e a dei corsi di lingua”.
L’annuale rapporto caritas sulla povertà dipinge Roma come una città molto problematica: una persona su 4 in stato di disagio economico. Roma, dal punto di vista delle Politiche sociali, è ferma ad almeno 10 anni fa.
“Oggi abbiamo bisogno di aggiornarci perché ci sono altri tipi di problemi, ci sono prima di tutto le risposte da dare al post pandemia di cui ancora non capiamo bene quali saranno le effettive conseguenze, e poi devo dire che esiste in città un problema drammatico di mancanza di cibo che prima riguardava fasce molto povere della popolazione. Dobbiamo essere in grado di aiutare velocemente chi si trova in questa situazione affinché poi non scivoli nella povertà assoluta. Poi c’è tutto il tema delle nuove povertà che spesso vanno cercate e trovate perché in questi nuovi poveri c’è anche un pudore, una resistenza a chiedere aiuto, e noi dobbiamo essere capaci di intercettare queste persone, dobbiamo essere proattivi, attivarci in collaborazione con tutti i municipi perché il fattore tempo è determinante affinché non vi sia un peggioramento”.
Uno dei problemi da affrontare riguarda i campi rom. A proposito, è la dicitura corretta? perché non è corretto definirli campi nomadi?
“Si chiamano campi Rom sì, perché chi vi abita non è un nomade, ormai è chiaro, conosco dei bambini che sono nati in un campo dove a loro volta erano nati i loro genitori oppure dove i genitori hanno vissuto fin da bambini portati da quelli che ora sono i loro nonni. È necessario e importante aggiornarci anche su questo fronte: io ho parlato con dei rom che avevano paura a mandare i propri figli a scuola perché si ricordavano dello stigma che subirono qualche decennio fa quando erano loro ad andare a scuola, ma oggi tutto è cambiato, i problemi sono altri. Anche per questo abbiamo lanciato un Avviso Pubblico per istituire un tavolo di co-programmazione con il mondo dell’associazionismo da sempre attivo sul campo. Poi se mi chiedono se i campi devono chiudere, è chiaro che rispondo di sì, ma non abbiamo la bacchetta magica e non si può pensare di risolvere una soluzione così complessa dall’oggi al domani”.
Per quanto riguarda la gestione dell’emergenza Covid invece possiamo dire che ce la stiamo lasciando alle spalle?
“La Regione Lazio e in particolare l’Assessore Amato, hanno fatto un grande lavoro in termini sanitari e di campagna vaccinale. Oggi si sta cercando di fare anche la quarta dose agli ottantenni e ai più fragili e mi sembra che la situazione sia sotto controllo, ma anche se il vaccino è una benedizione, il covid c’è ancora ed è un nemico insidioso. L’impegno del mio assessorato è quello di organizzare campagne che possano sensibilizzare ancora di più e anche raggiungere gli anziani nelle case, nelle Rsa, nei luoghi di ritrovo. Non possiamo negare che siamo un paese di anziani, Roma è una città di anziani e anche l’agenda politica deve aggiornarsi su questo perché dobbiamo fare di tutto, e questo sarà anche il mio impegno, affinché gli anziani vivano una vita dignitosa, affinché, ad esempio, vengano curati, fin dove è possibile, a casa, magari vicino ai loro cari. Ci sono tanti progetti nel Pnrr, ad esempio quello sulla lunga degenza e sulle dimissioni protette, che prima venivano anche portati avanti da alcuni Municipi ma in paniera poco uniforme, oggi vogliamo fare da sala operativa, che dia un’unica direzione alle iniziative già esistenti e ne faccia nascere di nuove”.
Un progetto che le sta particolarmente a cuore e che vorrebbe portare a termine nel suo mandato.
“Difficile fare delle priorità, ma c’è un tema che mi sta a cuore per questa città ed è quello dell’accoglienza dei senza dimora: ne parliamo tanto e spesso solo quando ci sono fatti di cronaca, bisogna fare di più. Roma aveva chiuso i tre quarti dei posti per l’accoglienza e noi ne abbiamo rimessi 500 per l’accoglienza notturna ma lavoriamo a sviluppare l’accoglienza diffusa nei municipi . Allo stesso tempo c’è un tema di salute, anche psichica, su cui intervenire, in collaborazione con le Asl e infine bisogna lavorare per un loro reinserimento”.