Roma dal G20, appena concluso al Giubileo del 2025 e l’Expo 2030 si appresta a vivere un decennio straordinario?
“Al di là del G20 che è stato un test più che altro sulla sicurezza e sull’efficienza di una location e di un quartiere, in questo caso l’Eur, senza che poi si abbiano delle effettive ricadute in termini di turismo, bisogna prendere consapevolezza per che Roma deve essere la città dei grandi eventi, non può essere un caso o qualcosa che capita ogni tanto. Il grande evento deve essere all’ordine del giorno per una grande città come Roma, perché ci sono tutti gli ingredienti giusti: siamo amati ed ammirati in tutto il mondo, tutti vorrebbero venire a visitarla, ad organizzarci un convegno, magari a viverci, ma poi si scontrano con i soliti mali. Il grande passaggio da fare è quello di creare le condizioni affinché la Capitale sia attrattiva. Per quanto riguarda il Giubileo io dico: vediamo cosa ha funzionato nel passato. Il Giubileo del 2000 è stato uno degli esempi virtuosi di corretta gestione di un grande evento. Con tutti gli stakeholder, Comune, Provincia e Regione, Vaticano e associazioni di categoria, creammo una Fondazione che di fatto aveva degli organi propri e che funzionò molto bene. Finito il Giubileo purtroppo quella struttura fu smantellata, io invece mi auguro prima di tutto che si ricostituisca una struttura simile, partecipata da tutti gli enti pubblici, e poi che non si smantelli il giorno dopo la fine di un evento, ma che rimanga permanente con l’elasticità di crescere o decrescere a seconda dell’importanza dei grandi eventi che ci sono da gestire. In questo modo si riescono a preservare professionalità specifiche, si mantengono relazioni, si conservano tutti i big data. È davvero un’occasione che non possiamo perdere perché sappiamo che già oggi niente sarà più come prima, ma dopo due eventi simili la città può e deve cambiare completamente faccia”.
Per molti è terminato lo smart working dopo più di un anno e mezzo, altre imprese lo hanno inserito come modalità di lavoro possibile tutto l’anno, sta di fatto che alcuni quartieri, penso all’Eur, hanno completamente cambiato fisionomia.
“Credo che sullo smart working non bisogna fare troppa ideologia, né in un senso e né in un altro, lo dobbiamo prendere come uno dei regali che ci lascerà questa pandemia e cioè una modalità in più per potere svolgere la propria attività professionale. Oggi le imprese sono in grado di capire quanto e quando è funzionale o meno tenere i propri dipendenti in smart working e questo, assieme alla grande digitalizzazione, sarà uno dei motivi per cui l’efficienza delle aziende aumenterà e si trasformerà il concetto stesso di posto di lavoro. Non voglio dire che si svuoteranno tutti i grattacieli, ma certo sarà sempre più difficile che il lavoratore abbia il suo ufficietto con la piantina e la foto di Totti sulla parete perché andremo sempre più verso spazi condivisi, più funzionali. E Roma su questo aspetto si trova in grande vantaggio rispetto a qualche città del nord Italia, perché la sua fisionomia è quella di una città che si sviluppa in orizzontale piuttosto che in verticale”.
È stata una campagna elettorale quasi estenuante, quali sono gli auspici e le richieste concrete che farete alla nuova Amministrazione comunale.
“Sì, è stata una campagna elettorale straordinaria, in epoca Covid e all’alba di grandi cambiamenti che non possiamo neanche prevedere. La cosa positiva è che Roma ha reagito bene, i dati economici sono positivi nel senso che il sistema economico non ha collassato e il sistema sanitario locale ha continuato a funzionare e a garantire la sanità pubblica. Se ci paragoniamo alle altre capitali d’Europa e del mondo, c’è un dato molto importante sull’aspettativa di vita dei romani che è rimasta praticamente uguale a prima del covid e corrisponde a quella di piccole cittadine sulla costa. Certo, abbiamo perso molti posti di lavoro ma li stiamo già recuperando e, anzi, ora c’è il problema contrario, visto che ci sono tante aziende alla ricerca di figure professionali che non si trovano. Al nuovo sindaco vorrei dare un consiglio: non pensi solo a governare la macchina amministrativa, e cioè i 28mila dipendenti, che sono tantissimi, ma guidi la città, disegni una visione per Roma, ci dica di cosa vivrà questa città e il come, perché non ci sono solo buche da tappare e rifiuti da raccogliere (che restano naturalmente emergenze da risolvere quanto prima). Come Camera di Commercio chiediamo che l’azione della nuova Giunta si concentri su tre punti: migliorare il contesto dei servizi pubblici locali; accompagnare la transizione digitale, soprattutto per quanto riguarda la macchina amministrativa; riaccrescere la dimensione internazionale della città. Dobbiamo dire al mondo intero che ci siamo rimessi in moto, che siamo ancora la città più bella del mondo, dove si può venire a fare una bellissima vacanza, ma si può organizzare anche un congresso o un grande evento, ecco perché sono fondamentali il Giubileo e l’Expo”.
Dal 15 ottobre per lavorare è obbligatorio il Green Pass. Molte sigle imprenditoriali hanno chiesto l’obbligo vaccinale perché ritengono che in questo modo non venga scaricato sui datori il peso dei controlli.
“Le nostre imprese ci dicevano, fin dai tempi del lockdown, che la prima riforma economica sarebbe stata la sconfitta del virus, ancor prima degli aiuti economici necessari per ripartire. Di conseguenza, con questa impostazione, gli imprenditori, quando hanno riaperto, lo hanno fatto in grande sicurezza, seguendo tutti i protocolli e i provvedimenti necessari a tutelare la salute di lavoratori, dipendenti, consulenti e fornitori. Il Green Pass rimane un baluardo non eliminabile di questa politica di contrasto al covid, ci viene invidiato e copiato in tutto il mondo e non a caso abbiamo i risultati migliori di contrasto al virus. Io credo che non sottoporsi al vaccino è un elemento di libertà, ma la vera libertà è di chi accetta le conseguenze di questo atto, perché parliamo di un elemento di tutela per chi lavora. Poi i controlli sono sempre fastidiosi, per le imprese significa distogliere un collaboratore ma l’emergenza chiede questo e quindiv devo direv tutti lo hanno fatto, senza protestare troppo”.
Cosa ne pensa della fine del blocco dei licenziamenti?
“Che è assolutamente necessario, pur essendo un momento molto difficile si tratta di una delle fasi della normale vita aziendale. Ma io guardo dall’altra parte perché oggi abbiamo un paradosso: le imprese romane in questo momento stanno assumendo e ci sono circa 58mila offerte di lavoro ma un terzo di queste rimane senza alcuna risposta perché c’è carenza di figure professionali specializzate. Allora riguardiamo il sistema di formazione, il mondo imprenditoriale e anche le Pubbliche Amministrazioni hanno fame di nuove competenze, bisogna cercare di riallineare l’offerta formativa e la domanda di lavoro”.
Come Camera di Commercio cosa state preparando per questo autunno di ripartenza?
“C’è una novità importante: per la prima volta la Regione Lazio ha individuato il sistema delle Camere di Commercio come erogatore di incentivi per imprese. In questa ottica abbiamo appena concluso un bando per le digitalizzazioni delle imprese, 7,5 milioni di euro a fondo perduto di cui 5 milioni messi dalla Regione e 2 milioni e mezzo dalla Camera di Commercio, un bando che sicuramente riproporremo. Poi stiamo discutendo per ottenere altri bandi su internazionalizzazione, un bando dedicato all’artigianato e poi c’è tutto il tema dei fondi europei e del PNRR: dobbiamo essere degli erogatori efficienti se vogliamo davvero che il nostro territorio riparta”.