Luca Andreassi è e professore universitario di ingegneria a Tor Vergata e il coordinatore (insieme a Ileana Piazzoni) di Italia Viva di Roma e provincia. Con lui abbiamo fatto il punto sul tema rifiuti della Capitale.
Il Tar Lazio ha affidato direttamente ad un Commissario il compito di individuare una rete integrata e adeguata di smaltimento dei rifiuti in ambito regionale. Perché si è arrivati a questa decisione e cosa succederà ora?
“Direi che era inevitabile. La Regione, infatti, è risultata inadempiente rispetto ad una sentenza del 2020 che le imponeva di individuare, nel termine di 6 mesi, la “rete integrata e adeguata” di impianti di smaltimento rifiuti con messa a disposizione della relativa capacità di smaltimento agli operatori laziali interessati. È il risultato dell’assenza di pianificazione. Fare pianificazione significa contribuire, con adeguate infrastrutture, a creare un ambiente dinamico e innovativo, tipico del mercato, così che le imprese, sia quelle che producono rifiuti sia quelle che li smaltiscono, possano svilupparsi e contribuire allo sviluppo sostenibile. Avere un sistema di gestione dei rifiuti più equilibrato significa far crescere l’economia circolare e contribuire in maniera effettiva alla rivoluzione verde. Non so esattamente quali saranno le conseguenze di questa sentenza, al di là dello stretto merito. Certo, potrebbe essere un impulso a smettere di parlarne soltanto e iniziare a programmare sul serio una reale rivoluzione verde. Dalle parole ai fatti. Sarebbe ora”.
Perché Roma si trova costantemente alle prese con un’emergenza rifiuti?
“Emergenza è qualcosa che si verifica all’improvviso e che improvvisamente va gestita. Il problema di Roma è, invece, strutturale. Assenza di programmazione e mala gestione, figlie di una politica sbagliata. Che ha visto il suo punto drammaticamente più basso nella gestione Raggi”.
Quali sono le criticità principali sulla gestione dei rifiuti nella Capitale?
“La lista è lunghissima. Iniziamo dalla scelta di questi anni di dire “no” a qualsiasi impianto, che ha solo contribuito ad aggravare la dipendenza dalle Regioni circostanti. Ma non parlo di impianti impattanti o inquinanti quali inceneritori o impianti di trattamento meccanico biologico, ma impianti che consentano di valorizzare le frazioni merceologiche separate dalla raccolta differenziata. Parlo di impianti di compostaggio, di recupero plastica, carta e vetro di dimensioni e taglie tali da essere integrati nel territorio e accettati dai cittadini dell’area, in quanto ne ravvisano l’assenza di impatto ambientale e l’immediato ritorno economico. Si pensi che oggi l’85% dei rifiuti viene mandato fuori Città. Per capirci, a Milano sono prossimi al 100% di autonomia. Pensare che Roma ce la possa fare con questi numeri è impossibile”.
Di chi sono le responsabilità?
“Roma è una città complicata. Senza dubbio. Ma non essere stati in grado di presentare un progetto per Roma credo sia una enorme responsabilità della politica”.
Chi ha ragione tra Zingaretti e Raggi?
“Hanno entrambi scelto di fare una battaglia di retroguardia. Fiumi di parole per stabilire se una nuova discarica dovesse essere realizzata a Roma o in provincia. Un dibattito talmente acceso ed enfatico che avrebbe avuto giustificazione solo se, dal suo esito, ne fosse scaturita la definitiva soluzione dei problemi. Invece, la discarica serve solo per tappare una falla. Ma non sposta di una virgola la questione. Mi spiego. Zingaretti vara un Piano Regionale dei Rifiuti che mette al centro il superamento degli anacronistici ed inquinanti impianti di trattamento meccanico e biologico. Ha ragione. Sono d’accordo anche io. Ma per superarli serve un’adeguata rete di impianti per la valorizzazione delle frazioni differenziate raccolte dai cittadini. E qui torniamo alla domanda iniziale. Sulla Raggi non ho commenti. Il passo zero è attuare la raccolta differenziata. Dopo aver cambiato sette management in AMA ed essere stata dopo molti anni il primo Sindaco a registrare una regressione in termini di percentuali di differenziata (ben venti e oltre punti in meno rispetto al limite di legge), ha approvato un piano industriale di AMA che prevede un impianto per il recupero dei pannolini. Una incapacità che diventa quasi offensiva nei confronti dei cittadini”.
Come si possono superare le resistenze dei cittadini per la collocazione delle discariche e dei vari impianti di trattamento dei rifiuti?
“Intanto, se ci fosse una virtuosa gestione dei rifiuti, anziché aprire nuove discariche le chiuderemmo. Poi la realizzazione di impianti non inquinanti, capaci di valorizzare gli sforzi dei cittadini nella differenziazione dei rifiuti e destinati a gestire i rifiuti di quell’area e non provenienti chissà da dove, creerebbero un circuito virtuoso di creazione consapevole di ricchezza, che funzionerebbe da incentivo”.
Cosa è possibile fare per risolvere il problema e con quale tempistica?
“Tre anni. Un progetto serio per avviare la raccolta differenziata, dividendo Roma per aree omogenee ed applicando sistemi diversi a seconda delle specificità dell’area. Pensando in ogni area alla adeguata dotazione impiantistica. Tre anni. E Roma può tornare ad essere una Città Europea”.