L’ACCORDO È CARTA STRACCIA
Come ricostruito in una inchiesta del nostro giornale di inizio 2020, i ‘famosi’ 6 mesi di buco trascorsi tra l’approvazione del Piano edilizio del Lazio (agosto 2019) e la sua pubblicazione (febbraio 2020) sono stati costellati da ben nove incontri tra gli ‘ambasciatori’ di Dario Franceschini, Ministro dei Beni Culturali e del Turismo, e Massimiliano Valeriani, Assessore all’Urbanistica del Lazio. Lo scopo di questi ripetuti faccia a faccia è stato quello di cercare di raggiungere un accordo sulla gestione del territorio regionale, visto che il Piano approvato dal mini-parlamento del Lazio, che ricomprende anche la città di Roma, era giudicato dal Ministero troppo blando e permissivo dal punto di vista edificatorio, un’accusa ribadita tra l’altro anche da associazioni e comitati territoriali. Dopo 9 incontri, il Ministero dei Beni Culturali e la Regione Lazio hanno raggiunto un accordo che è stato, come anzidetto, scritto e sottoscritto da entrambi gli Enti pubblici il 18 dicembre 2019.
LA DELIBERA A… SORPRESA
L’accordo con il Mibact, infine, è stato inserito dalla Giunta Zingaretti nella Delibera di Giunta n.50 del 13 febbraio 2020, votata dagli assessori regionali, ma mai portata in Consiglio e quindi rimasta del tutto inattuata. Lo stesso giorno, il 13 febbraio, sul sito regionale è comparso il nuovo Piano edilizio, votato dal Consiglio il 2 agosto precedente, ma che non teneva in alcun modo conto degli accordi raggiungi con il Ministero. Dallo scorso 17 novembre, giorno in cui è stata pubblicata la sentenza della Coorte Costituzionale, la Regione Lazio è quindi priva di un Piano edile valido ed efficace. Sono tutti molto scontenti: i cittadini, le associazioni e i comitati che si battono da anni a tutela del territorio, ma anche i costruttori. Tutti chiedono maggiori certezze. Abbiamo chiesto lumi all’assessore Valeriani: sono in corso delle “riunione di maggioranza sul tema del Ptpr, al momento è meglio rinviare l’intervista”. È quanto ci è stato comunicato dal gentile ufficio stampa dell’assessore. Ora tutti, cittadini e costruttori, restano in attesa che la Giunta decida il da farsi.
INTERVISTA ESCLUSIVA
Nicolo Rebecchini, presidente dell’Associazione dei Costruttori Edili di Roma (Acer), lancia un allarme sul settore edile
“L’annullamento del Piano edilizio è un dramma”
Presidente Rebecchini, la Corte Costituzionale ha annullato il PTPR Lazio: quali le conseguenze per gli operatori edili?
“La bocciatura del PTPR da parte della Corte Costituzionale rappresenta l’ennesima dimostrazione di come la mancanza di chiarezza tra competenze dello Stato e della Regione determini effetti di grave incertezza per tutti. Le ricadute di questa sentenza, sommate al già grave momento che l’economia sta vivendo per gli effetti della pandemia, stanno creando “la tempesta perfetta”, i cui esiti, se non si interverrà immediatamente, potrebbero essere estremamente pesanti.
Di fatto si bloccano tutte le procedure urbanistiche ed edilizie in corso”.
Da questa situazione come se ne esce?
“Considerato che la sentenza ha annullato l’atto finale dell’approvazione del PTPR, fatta salva la sua adozione, avvenuta nel 2007, auspichiamo innanzitutto che la Regione adotti un opportuno atto amministrativo affinché gli enti locali possano continuare a lavorare in tranquillità e chiarezza.
Allo stesso tempo, deve riprendere il dialogo politico tra Regione e Ministero affinché si arrivi ad una definitiva approvazione del Piano, trovando il giusto punto di equilibrio tra imprescindibili esigenze di tutela ed altrettanto necessario bisogno di sviluppo economico”.
Al di là di questo episodio che può mettere ulteriormente in difficoltà il settore, quale ricetta per uscire dalla crisi?
“Non ci potrà mai essere un rilancio del nostro settore se non si mette mano al pessimo funzionamento della macchina amministrativa, oltremodo ingigantito dal momento storico che stiamo vivendo. La pubblica amministrazione di Roma va tutta rivisitata: sovrapposizioni di competenze, procedure infinite, ruoli nevralgici senza adeguato personale e la mancanza di indirizzi univoci tra i diversi uffici coinvolti nei processi, sono da anni la pandemia della macchina pubblica.
Dobbiamo invertire il paradigma, dare nuove regole affinché l’amministrazione si adegui allo smart working, svolga una sola volta ed in un tempo circoscritto e congruo un attento controllo sulle istanze presentate ed asseverate da professionisti qualificati, assumendosi i rischi del mancato espletamento della verifica. Occorre passare cioè da un’azione di permesso a un’azione di controllo”.
Investimenti edilizi in corso sono a rischio? Cosa fare per le opere pubbliche?
“Ribadisco, gli investimenti nell’edilizia privata sono a rischio. C’erano stati timidi segnali di ripresa, che rischiano però di naufragare. Il settore delle opere pubbliche è afflitto da un problema di risorse, regole e crisi della concorrenza. Non dobbiamo sprecare l’occasione fondamentale del Recovery Fund. Tuttavia la mancanza di progetti è pregiudizievole. Le amministrazioni hanno per lo più presentato veri e propri libri dei sogni, miliardi di euro di interventi sprovvisti, nella stragrande maggioranza dei casi, della progettazione necessaria. Invece di dedicarci a mega interventi che rimangono sulla carta, ci si dovrebbe concentrare su progetti di riqualificazione e messa in sicurezza del territorio e dei patrimoni pubblici (strade, scuole, dissesto idrogeologico).
C’è poi un indubbio problema di regole sulla concorrenza, non solo dettato da un dl semplificazioni che, nella fretta di snellire le procedure, consente di indire gare solo ad inviti in assenza di una pubblicazione a monte di un avviso in Gazzetta Ufficiale, ma anche da uno Stato che si vuole inserire sempre più prepotentemente nel mercato delle costruzioni. Questo è inaccettabile: annulla la concorrenza e la parità di trattamento tra le imprese”.