Nel corso dell’attività investigativa è stato accertato che le due indagate, madre e figlia, si suddividevano i compiti e si avvalevano di una grande varietà di mezzi, negozio di parrucchiere e carte postepay per il pagamento delle somme dovute dagli usurati, nonché cellulari per mantenere i contatti con gli stessi, erogando, in modo professionale e con abitualità, prestiti in contanti.
Dalle intercettazioni emergeva, in diverse occasioni, come le due donne tenevano la contabilità dei prestiti usurari e dei pagamenti effettuati dai soggetti usurati, in particolare era la figlia a detenere il quaderno sul quale provvedeva a trascrivere periodicamente i soldi ricevuti in pagamento. In una intercettazione la figlia chiedeva spiegazioni in merito alla poca visibilità della scrittura sul quaderno: “è tutto scolorito, ma perché?” e la madre gli rispondeva: “perché ho cancellato uno e ho messo quella.. ahaa.. quella nuova no? J’ho messo quella nuova” , riferendosi al fatto che la persona aveva terminato di pagare le rate del prestito precedente e che ne aveva iniziato un altro.
Nel corso dell’attività, inoltre, emergeva come le indagate non esitavano anche a minacciare gli usurati che, trovandosi in una situazione di difficoltà economica, tardavano nei pagamenti delle rate del prestito usurario. Sintomatica una frase pronunciata da una delle indagate nei confronti di una delle persone usurate: “Non me ne fai un’altra! Non c’e qua! Non c’e qua! Non c’è! Non c’è! Adesso sto a torna da’a postal Sei un buciardooo!! No me ne fai un’altra! lo t’o faccio magnà er fojettino questo oh! lo t’o faccio magnà, eh! Io t’o faccio magnà, eh! Io to faccio magnà, eh! Vengo giù t’o faccio magnà, eh!“.