Si era presentata nel carcere romano di Rebibbia per un colloquio con il figlio detenuto, ma la polizia penitenziaria ha scoperto il suo tentativo di introdurre droga e telefoni cellulari, perfettamente funzionanti e completi di caricabatteria. A dare la notizia è il sindacato autonomo di polizia penitenziaria SAPPE, per voce del segretario Maurizio Somma, che esprime «vivo apprezzamento per la sagacia e la professionalità dei poliziotti penitenziari in servizio nel carcere di Rebibbia, sempre in prima linea nel contrasto alle attività illecite ed alla diffusione di droga».
Il sindacalista spiega che «due microcellulari e della sostanza stupefacente di tipo hashish sono stati rinvenuti dal personale di polizia penitenziaria addetto al reparto colloqui all’interno delle suole di un paio di scarpe da ginnastica, che una donna intendeva far arrivare al figlio detenuto. I telefonini, dotati di cavetto di ricarica, sono stati sequestrati e la donna deferita all’autorità giudiziaria per reati legati al possesso di stupefacenti e per il reato di introduzione in carcere di apparecchi cellulari, previsto dal nuovo decreto sicurezza». «Sono oramai svariati – dichiara ancora Somma – i tentativi per occultare droga e telefonini e introdurli poi all’interno degli istituti penitenziari: ma il personale di polizia penitenziaria, pur senza l’ausilio di adeguati mezzi, è sempre più professionale nel rinvenimento di tutto ciò che non è legale e non è consentito introdurre nel carcere».