PARNASI-ARMELLINI-COMUNE DI ROMA
Tre i soggetti in campo nel prossimo tavolo appena varato: il Gruppo Parnasi; gli eredi del Gruppo Armellini, con la società Immobildieci, proprietaria di un terreno limitrofo a Maximo su cui andrà realizzata il 40% della piazza pubblica ancora mancante oltre ai sottostanti (e innumerevoli) parcheggi pubblici; e, infine, il Comune di Roma, per il tramite dell’assessorato all’Urbanistica, guidato da Luca Montuori, che poi relazionerà alla Commissione Urbanistica. In soldoni, è quanto emerso nel corso della Commissione Urbanistica capitolina che si è svolta nella tarda mattina di oggi, venerdì 6 novembre, interamente dedicata a Maximo e al Piano di Recupero Urbano noto come PRU-Laurentino in cui è inserito. Presenti, oltre al presidente dell’assise, l’architetto Carlo Chiossi, anche vari consiglieri: Agnello e Iorio (M5S), Pelonzi (PD), De Priamo (FdI), Grancio (Misto) ed altri; gli uffici tecnici capitolini e l’avvocatura comunale, con l’avvocato Sergio Siracusa; infine l’assessore all’Urbanistica di Roma, Luca Montuori.
MOZIONE E CONVENZIONE NON SI TOCCANO
La mozione votata all’unanimità dal comune di Roma appena pochi giorni fa che blocca l’avvio dell’immobile resta ferma e salda, la mozione cha l’obiettivo primario del perseguimento dell’interesse pubblico e della realizzazione di tutte le opere pubbliche a servizio dei cittadini. Ma l’interlocuzione coi privati si potrà riaprire per tentare di raggiungere un accordo, nei limiti del possibile. Questo è l’indirizzo prevalente in Commissione Resta ferma e salda – anche questo è stato ribadito in Commissione – pure la Convenzione Urbanistica del 2009, ossia i patti e gli impegni tra pubblico e privato sottoscritti da Regione, comune di Roma e Gruppo Parnasi ormai 11 anni fa.
COMMISSIONE PENSA A RICORSO CONTRO L’ORDINANZA DEL TAR
Inoltre, la stessa Commissione Urbanistica di Roma non esclude di promuovere un ulteriore ricorso giudiziario, quindi al Consiglio di Stato, contro l’ordinanza del Tar del Lazio che sostiene, in buona sostanza, che il comune debba mettersi a disposizione del privato per aprire, costi quel che costi, l’immobile commerciale, cosa che i consiglieri capitolini non sono pronti ad accettare se non a determinate condizioni, ossia della salvaguardia anzitutto dell’interesse pubblico, ossia alla realizzazione delle opere pubbliche.