La Guardia di Finanza di Roma ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Antonello I. (classe 1978), indagato per i reati di turbativa d’asta e inadempimento di contratti di pubbliche forniture.
Le attività investigative hanno tratto origine da una denuncia effettuata da Consip alla Procura della Repubblica di Roma, con riferimento a una serie di anomalie riscontrate nell’ambito della procedura di una gara, del valore complessivo di oltre 253 milioni di euro, bandita d’urgenza per garantire l’approvvigionamento di dispositivi di protezione individuale e apparecchiature elettromedicali.
In particolare, il lotto n. 6 della gara, dell’importo di circa 15,8 milioni di euro, relativo alla fornitura di oltre 24 milioni di mascherine chirurgiche, veniva aggiudicato ad una società agricola a responsabilità limitata. Questa, con la sottoscrizione di apposito accordo quadro con Consip, si impegnava, tra l’altro, alla consegna dei primi 3 milioni di mascherine entro 3 giorni dall’ordine.
Sin dai primi contatti con la stazione appaltante pubblica, finalizzati all’avvio della fornitura, però, la società lamentava l’esistenza di problematiche organizzative relative al volo di trasferimento della merce, già disponibile in un punto di stoccaggio in Cina. Permanendo l’inadempimento alla data di scadenza prevista nel contratto per la prima consegna di mascherine, attraverso la collaborazione dell’Agenzia delle Dogane, è stata effettuata presso l’aeroporto cinese di Guangzhou Baiyun un’ispezione, che accertava l’inesistenza del carico dichiarato.
I successivi approfondimenti facevano emergere a carico della società anche pregresse posizioni debitorie per violazioni tributarie, per oltre 150 mila euro nei confronti dell’Erario – non dichiarate in sede di procedura dalla società che, di converso, aveva invece falsamente attestato l’insussistenza di qualsiasi causa di esclusione –. Tale situazione comportava l’esclusione della società dalla procedura e l’annullamento in autotutela da parte di Consip della intervenuta aggiudicazione.
In particolare, è stato ricostruito come la società, essendo gravato da precedenti sia giudiziari (seppure non ancora definitivi) che di polizia, che avrebbero potuto inficiare la partecipazione alla gara, abbia cercato di dissimulare la riconducibilità a sé della società – pur rimanendone l’esclusivo dominus – nominando come amministratore, in concomitanza con la pubblicazione del bando, un mero “prestanome” scevro da precedenti, V.S. (classe 1980), cui ha poi “ceduto” l’intero capitale sociale al prezzo di 100.000 euro, da corrispondere però tra due anni.
Inoltre, le risultanze acquisite hanno dimostrato come la società, che ha un oggetto sociale del tutto estraneo al settore merceologico relativo alla gara (“coltivazione di fondi, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”), fosse una “scatola vuota” destrutturata, caratterizzata da un vero e proprio stato di inoperatività, sintomatica della originaria e assoluta inidoneità della stessa, per totale assenza di dipendenti, strutture, mezzi e capitali, a far fronte alle obbligazioni nascenti da un contratto come quello originariamente aggiudicato.
Nonostante la palese incapacità operativa e finanziaria della società agricola, la società a questa riconducibile ha partecipato all’appalto, accettando il rischio di non essere in grado di adempiere alla fornitura di milioni di mascherine nei tempi brevissimi dettati dallo stato emergenziale in atto, chiaramente indicati nel bando di gara: «una puntata d’azzardo – come evidenzia il G.I.P. nell’ordinanza – giocata sulla salute pubblica e su quella individuale di chi attendeva, e attende, le mascherine, che bene rende la capacità a delinquere del soggetto».
Sebbene il tentativo non sia andato a buon fine, la società si è immediatamente riorganizzata per provare ad aggiudicarsi un altro appalto pubblico, questa volta relativo alla fornitura di guanti, occhiali protettivi, tute di protezione, camici e soluzioni igienizzanti, per un valore complessivo di oltre 73 milioni di euro, utilizzando altro soggetto giuridico, essendo la società agricola ormai “bruciata”.
La nuova società presentava, però, una inesistente capacità economica pressoché sovrapponibile a quella della precedente; in aggiunta, un socio e membro del consiglio di amministrazione risultava gravato da precedenti penali.
Anche in questo caso, all’esito dei controlli, Consip ha rilevato l’incompatibilità con i requisiti di partecipazione richiesti ed escludeva l’operatore economico dalla procedura. Le investigazioni hanno consentito di accertare come la società, nonostante tale provvedimento, si stesse adoperando per far figurare l’uscita dalla compagine sociale della persona gravata da precedenti in una data antecedente all’indizione della gara, sì da poter ricorrere alla giustizia amministrativa e rientrare in corsa per l’aggiudicazione dell’appalto.
Sfruttando la possibilità di depositare presso la Camera di Commercio l’atto di passaggio delle quote entro 30 giorni dalla sottoscrizione, si stava organizzando per predisporre, ora per allora, una retrocessione della partecipazione, sostenendo che sarebbe avvenuta «senza passaggio di denaro, altrimenti avremmo l’obbligo di far vedere anche il transito di denaro», per tornare formalmente in bonis».