Bella, ma incompiuta. L’ultimo giorno di calciomercato dice molto dell’As Roma e della sua campagna acquisti a singhiozzo: tante belle idee, tante occasioni perse (e per un paio d’ore si è profilata persino la grande beffa Smalling), un El Shaarawy sfumato all’ultimo, troppe contraddizioni. Lo diciamo subito: Alan Friedkin non è riuscito, forse vittima di un closing arrivato troppo tardi, a Ferragosto, a imprimere la svolta che tutti desideravano. Un po’ per ragioni di bilancio, un po’ perché cambiando gli americani per ora il risultato non sembra cambiare. Quest’anno, va detto, da questa lunga estate i giallorossi non escono ridimensionati. Più per caso che per volontà, sembra, ma è così. Pedro davanti, lo abbiamo visto nella trasferta di Udine, è un usato sicuro che darà soddisfazioni, ma per onestà intellettuale va detto che è l’ultimo regalo della dirigenza uscente. Kumbulla, con la sopravvalutazione di Cetin a far cassa, è un ottimo prospetto che è stato strappato a Napoli, Inter e Lazio e Smalling è un ritorno troppo agognato ma graditissimo e che dà esperienza a una difesa ringiovanita, in cui brilla il prima acerbo Roger Ibañez, altra eredità di Petrachi. A centrocampo è tutto come prima – reparto croce e delizia della squadra capitolina – e davanti si è puntato sull’esperienza: via le scommesse di Monchi Kluivert jr, Under e Schick (età media 22,7 anni), confermato Dzeko contro la volontà di tutti, sua e della Roma compresa; grazie a Raiola acquisito definitivamente (a zero!) Mkhitaryan e aggiunto appunto il pluridecorato spagnolo (età media 32,7) che si portano via gran parte del monte ingaggi. Quasi una mossa da instant team (ma non era stato paventato un progetto di prospettiva quinquennale?), per vincere subito, se non fosse frutto di una strategia casuale, come dimostra la tormentata e tragicomica trattativa per Arkadiusz Milik che è servita solo a danneggiare le casse di Roma e Napoli. Che Roma ne esce? La solita indecifrabile squadra che potrebbe giocarsi il terzo posto, nelle condizioni ideali, ma che potrebbe tranquillamente arrivare settima, se le ottime mosse sul mercato di Juventus, Inter, Napoli, Milan, Fiorentina e Atalanta dovessero aver rafforzato rose già superiori o simili ai giallorossi. Ora Friedkin non ha scuse: deve trovare un ds di livello, far capire come e quanto vuole investire (e non depongono bene né gli sconti chiesti a De Laurentiis né la trattativa fiume per Smalling) e dare una svolta al progetto stadio. O dire se sarà solo un Pallotta 2.0. Nel frattempo Fonseca deve risolvere il rebus di moduli e calciatori con una panchina cortissima, magari con furbizia puntando più sull’Europa League, visto il girone abbordabile, e la Coppa Italia. E far diventare una stagione da 8 quella che nasce con un mercato da 6 meno meno.
08/10/2020