Per cercare di distogliere l’attenzione dalla sua persona, l’uomo si era anche finto vittima, egli stesso, di azioni persecutorie, denunciando a sua volta di aver ricevuto messaggi dello stesso tenore. Messaggi che lui stesso si inviava anche da dispositivi di cui aveva la disponibilità per ragioni di lavoro.
Per molto tempo la vittima, terrorizzata, aveva dovuto modificare le sue abitudini visto che lo stalker pareva conoscere ogni suo movimento.
Telefonate continue, accessi abusivi alla posta elettronica e ai portali del lavoro, intrusioni sulle app di messaggistica, il persecutore dimostrava una grande dimestichezza con i supporti informatici e poneva in campo molteplici metodi per creare uno stato di terrore nella donna.
Ottenuto il suo scopo, era assurto a protettore della vittima dimostrandosi preoccupato per le sorti di questa e, conquistatane di nuovo la fiducia, la accompagnava persino negli uffici di polizia per farle sporgere le relative denunce. Il comportamento premuroso non aveva lasciato indifferente la donna a cui era riuscito a fare il vuoto intorno, convincendola a non fidarsi di altri, il tutto nel tentativo di poter tornare con quello che considerava l’amore della sua vita.
La messinscena però non ha convinto gli investigatori della Polizia di Stato del Compartimento della Polizia Postale e delle Comunicazioni Lazio, coordinati dal PM Claudia Alberti della Procura della Repubblica Presso il Tribunale di Roma che, grazie ad un attento e certosino lavoro, riuscivano a risalire alla vera identità dello stalker.
Il GIP, riconoscendone la spiccata pericolosità sociale, disponeva per lui gli arresti domiciliari. L’uomo dovrà rispondere, oltre che per gli atti persecutori, anche per i reati di accesso abusivo a sistema informatico, ricettazione e simulazione di reato.