INIEZIONI DI LIQUIDITÀ
Piano di risanamento, quello presentato dall’amministrazione Raggi per salvare Ama, che dovrà andare a coprire un buco di 227 milioni di euro. È il totale delle perdite d’esercizio accumulate dalla spa comunale dei rifiuti nei bilanci 2017-2018. Svalutazioni immobiliari, Tari da versare nelle casse Roma Capitale e una difficile riconciliazione crediti-debiti tra società e Comune: i fattori dietro al segno ‘meno’. Gli atti, ha dichiarato l’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti, «sono stati inviati alla Corte dei Conti e in Procura già a dicembre». Il salvataggio – spiegano da Palazzo Senatorio – «prevede il rifinanziamento della società con l’apporto di capitale per 256,4 milioni di euro»: 106,4 milioni di crediti cancellati da Roma Capitale e un’iniezione di liquidità da150 milioni, «di cui 100 da tradurre in aumento di capitale sociale».
DEBITI E COPERTURE
Passaggio cruciale senza il quale Ama sarebbe andata incontro alla liquidazione societaria. O a un concordato preventivo, come quello concesso dal tribunale fallimentare ad Atac. Altro caso spinoso. Nonostante una quota di debito congelata, come i 420 milioni verso il Comune spalmati fino al 2039, il ruolino di marcia del salvataggio prevede che entro giugno 2021, dopo i 130 milioni sborsati lo scorso anno per liquidare i creditori ‘privilegiati’, la municipalizzata del trasporto pubblico vada a rimborsare i cosiddetti creditori ‘chirografari’. Banche, fornitori, società comunali: dovranno ricevere entro l’estate almeno il 31% del credito vantato, quindi circa 50 milioni su 150. Senza dimenticare i 140 milioni di minori incassi sulla vendita dei biglietti che la società, causa Covid, ha registrato nel 2020. Un taglio sui ricavi che verrà in parte confermato anche per quest’anno. E che mette in crisi i bilanci societari, dal 2018 non più in rosso, ma chiusi in utile. Assomiglia invece ad un rebus la situazione di Roma Metropolitane. Sulla srl che gestisce la progettazione e gli appalti dei lavori delle metro romane (e non solo), i 5stelle hanno fatto retromarcia: prima hanno deciso la messa in liquidazione della società e lo scorporo del ramo d’azienda, che lascerebbe nelle mani della srl solo i cantieri della linea C; poi hanno virato verso un piano di rilancio. Il problema è che ora Roma Metropolitane, che viene da tre bilanci consecutivi chiusi in perdita, per legge non può più essere ricapitalizzata dal socio unico (il Comune). Cosi, senza iniezioni di capitale, l’unico modo per varare un piano di risanamento, ed evitare di portare i libri contabili in tribunale, è l’affidamento di nuovi incarichi. Ma il Campidoglio deve prima trovare le coperture economiche per nuove opere.
REBUS SOCIETARI
Come se non bastasse, il consorzio di costruttori della linea C, MetroC spa, ha avanzato un nuovo ricorso al Tar. E ha avvertito che si rischia lo stop dei cantieri se il Comune non pagherà al più presto i circa 4 milioni di interessi e spese accessorie per un vecchio contenzioso tra le parti che ha visto soccombere Roma Metropolitane. Caso, anche questo, finito sul tavolo della Corte dei Conti: il Campidoglio, non condannato in solido, per accollarsi il debito deve dimostrarne l’interesse pubblico. Cammina sul filo del rasoio anche il destino di armacap. L’azienda, dopo anni di bilanci con segno ‘meno’, dovrebbe essere ricapitalizzata per 12 milioni di euro. «Per le ‘aziende speciali’ però – ha spiegato Lemmetti – la normativa non prevede un meccanismo di risanamento». L’amministrazione Raggi ha tuttavia respinto ancora una volta l’ipotesi privatizzazione: Farmacap, che gestisce 45 farmacie comunali, molte in aree a fallimento di mercato, «deve restare pubblica».