Roma ha gravi problemi, ma quello dei rifiuti è sicuramente uno dei più gravi. Qual è stata la sua esperienza quando è stato sindaco?
“Nei primi 90 giorni di mandato feci ciò che avevo promesso in campagna elettorale, chiudendo la discarica di Malagrotta. Dagli anni ’60 la gestione dei rifiuti a Roma avveniva gettando tutto in quella discarica che era divenuta la più grande d’Europa. Lì si scaricava tutto: dai rifiuti alimentari, al vecchio televisore, al materasso. Non tutti sanno che sulla base della direttiva Europea quella discarica avrebbe dovuto essere chiusa entro il 31 dicembre 2007. La mia fu una decisione drastica e necessaria. Contrariamente a quanto si è spesso affermato, fu assunta con un piano alternativo ben preciso e dopo aver individuato i fondi necessari per realizzarlo: acquistai un nuovo macchinario per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti (TMB) e feci approvare la realizzazione di nuovi Ecodistretti iniziando con un biodigestore dedicato alla produzione di gas dai rifiuti umidi. I progetti e la documentazione della copertura finanziaria sono rimasti chiusi nei cassetti del Campidoglio dopo il mio allontanamento. Io ho sempre pensato che debba essere attuato il piano migliore. Se chi ha governato Roma dopo di me avesse avuto un piano migliore io avrei ritenuto giusto che cambiasse il mio e applicasse il suo. Quello che trovo inspiegabile è aver cancellato il mio piano senza sostituirlo con un altro”.
Oggi il porta a porta non riesce proprio a decollare, ma perché? Secondo lei c’è incapacità da parte di chi gestisce o c’è proprio una volontà di non farla partire perché magari va bene lasciare tutto così?
“Avevo deciso di puntare sulla raccolta differenziata. È la cosa giusta da fare, che può trasformare i rifiuti da problema in ricchezza, come accaduto, ad esempio, a San Francisco. I dati dimostrano la determinazione con la quale seguii quel percorso. Nel luglio 2013 si insedia la mia Giunta: durante i successivi 28 mesi la percentuale di raccolta differenziata cresce dal 31,1 % (Bilancio AMA 2013) al 41,2% (Bilancio AMA 2015): un incremento di oltre il 30% in uno spazio temporale assai ridotto. In soli due anni la raccolta differenziata a Roma è cresciuta dello stesso valore percentuale ottenuto nei 9 anni precedenti, eguagliando i livelli raggiunti dalle maggiori capitali europee. Dal 2016 al 2020 la crescita si arresta.
Per quel che riguarda il sistema di raccolta porta a porta, durante la mia Amministrazione fu implementato su 925.000 abitanti: un risultato eccezionale, soprattutto se si valuta il contesto in cui siamo riusciti a realizzare tutto questo. A Roma per decenni non si è voluta introdurre alcuna innovazione nella gestione dei rifiuti perché vi era l’interesse a riversare tutto in una discarica. Conveniva agli imprenditori coinvolti con il business dei rifiuti e anche alla politica che così non doveva introdurre nuovi progetti”.
Negli ultimi anni è cambiato poco anche dal punto di vista delle Grandi Opere, è una strategia giusta pensare alle buche oppure bisogna puntare sui grandi cantieri?
“Mi sembra che tutto sia drammaticamente fermo. Dalle Olimpiadi, che avrebbero avuto un valore finanziario di diversi miliardi di euro, allo Stadio della Roma, progetto tristemente naufragato. Nessuna Amministrazione dovrebbe dover scegliere fra la manutenzione ordinaria e straordinaria. È possibile conciliare entrambe, riparare le buche e promuovere grandi cantieri. Io, però, trovai un disavanzo di quasi 900 milioni di euro mi vidi costretto a destinare le limitate risorse a mia disposizione alla gestione ordinaria. Così ho investito molte energie nell’attrarre filantropi internazionali pronti a investire in grandi opere, per esempio il restauro di capolavori artistici come la Scalinata di Piazza di Spagna, la Fontana di Trevi e diversi siti archeologici nell’area dei Fori Imperiali”.
Sulla rigenerazione urbana, tema a cui lei tiene molto, sono stati fatti dei passi avanti?
“Non mi risulta, ma forse non sono aggiornato lavorando e vivendo dall’altra parte dell’oceano. Mi sembra però che gli unici cantieri inaugurati siano stati quelli resi possibili grazie ai donatori da me individuati. Penso per esempio all’importante restauro del Mausoleo di Augusto. Più in particolare, sul tema della rigenerazione urbana non riesco a comprendere come non sia stato avviato il progetto di Via Guido Reni nel quartiere Flaminio, un’area centrale di Roma compresa tra il Foro Italico e Piazza del Popolo. Vi sono ettari occupati da officine militari chiuse da decenni e in stato di totale abbandono. Con l’assessore Caudo progettammo un nuovo quartiere residenziale interamente dotato di geotermia, per il risparmio energetico, e un Museo della Scienza che a Roma non esiste. Dal 2014 sono disponibili centinaia di milioni di euro che rimangono inutilizzati”.
Il progetto Stadio si è definitivamente interrotto. Che ne pensa di questa decisione e secondo lei c’è ancora margine per “esportare” il progetto in un altro luogo della città?
“La notizia mi ha rattristato moltissimo. Mi dispiace per la città, che deve rinunciare ad un progetto importante, per la squadra e per i tifosi. L’accordo che avevamo trovato con la società e i costruttori prevedeva un investimento privato di circa un miliardo e mezzo, con centinaia di milioni di euro in opere di interesse pubblico legate allo stadio (un nuovo ponte pedonale per la Stazione FL1 della ferrovia Roma-Fiumicino, un ponte carrabile sul Tevere, il potenziamento della Roma-Lido con 16 treni ogni ora, il prolungamento della Metro B). Roma era inoltre riuscita ad attrarre un architetto di fama internazionale come Daniel Libeskind. Si è cancellato quel progetto con un danno di immagine ma anche economico. Un pessimo segnale verso altri potenziali investimenti internazionali nel nostro Paese. Dubito che sia possibile realizzare lo stadio, giunti a questo punto”.
Sulle amministrative nel centrosinistra c’è ancora confusione, ora hanno annunciato le primarie. Che tipo di candidato serve alla sinistra?
“Sulle primarie, credo che sia stato dimostrato che nel Pd convenga perderle. Io staccai di decine di punti percentuali Sassoli e Gentiloni che, in seguito a quella sconfitta popolare, ebbero grandi occasioni di avanzamento di carriera politica. Non voterò a Roma, perché la mia città adesso è Philadelphia. Roma avrebbe bisogno di un uomo o di una donna liberi dai vincoli dei partiti, sostenuti da una vera lista civica. Serve una figura che riesca a stabilire un rapporto empatico con la popolazione, soprattutto con quella dei municipi più periferici – centinaia di migliaia di voti ma soprattutto di persone e di bisogni del tutto inascoltati e oggi più che mai urgenti. In particolare, occorre un programma che individui realisticamente poche, fondamentali priorità, da condividere con i cittadini. E poi occorre preparazione tecnica come quella che ha il professor Giovanni Caudo”.
Marino cosa farà nel futuro?
“Voglio impegnarmi sempre di più in alcuni progetti di salute globale: vorrei dare un contributo per diminuire le diseguaglainze in sanità e per responsabilizzare i decisori sulle scelte che possono influenzare il modo in cui vivremo su questo splendido pianeta tra cento anni”.