Sul mancato stop definitivo al progetto del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, i romani rischiano di pagare un conto salato a causa delle indecisioni del M5S, partito di maggioranza relativa in Campidoglio. Sfuma a data da definirsi l’ultimo ma decisivo voto del Consiglio comunale capitolino necessario per affossare definitivamente l’arena calcistica. Voto senza il quale sarà impossibile annullare i favori della ‘pubblica utilità concessa al progetto una prima volta dalla Giunta Marino nel 2013 e poi una seconda volta dalla Giunta Raggi nel 2017 (dopo la famosa riduzione volumetrica delle tre torri). Senza questo stop ultimo e definitivo, il Gruppo edile proponente potrebbe chiedere al comune un maxi-risarcimento danni che finirebbe inevitabilmente per essere pagato dai cittadini. Lo slittamento del voto appare francamente poco comprensibile, almeno dal punto di vista tecnico. A maggior ragione visto che lo scorso 1° marzo l’As Roma ha comunicato urbi et orbi di non voler dare seguito all’iter di realizzazione dell’arena calcistica, avviato dalla precedente proprietà Pallotta. Inoltre il 7 luglio scorso il Gruppo edile Parnasi, che ha promosso fino allo sfinimento entrambe i progetti (quello iniziale e poi quello ‘rivisitato’) ha annunciato anch’esso di aver venduto i terreni di Tor di Valle a Radovan Vitek, magnate del settore immobiliare della Repubblica Ceca, alla cifra (non certo modica) di 45 milioni di euro. In sostanza, sia il proponente che l’utilizzatore finale dello stadio hanno fatto un passo indietro. Eppure il Campidoglio non trova la forza per compiere quest’ultimo e decisivo passo. Nel caso in cui il progetto di Tor di Valle resti ‘appeso’ e passi nelle mani di una nuova futura Giunta e maggioranza, non si può escludere che il Gruppo Parnasi o Vitek facciano causa al Comune, come già ampiamente preannunciato da entrambi.
POLITICA FRAGILE
Il 29 maggio scorso la Giunta Raggi ha votato la revoca della pubblica utilità. Ma quel voto di Giunta sarà carta staccia se non verrà confermato dall’aula, che è e resta l’unica sovrana sul destino dello stadio. L’obiettivo preannunciato dalla sindaca Raggi di stoppare definitivamente lo stadio di Tor di Valle si fa certo sempre più difficile per vari motivi. Primo: la crisi politica della maggioranza grillina, venuta meno dopo l’addio di Marcello De Vito, presidente dell’aula Giulio Cesare. Secondo: l’avvicinarsi delle elezioni di ottobre per la riconferma della Raggi rende il clima incandescente, soprattutto con i molti ex consiglieri M5S confluiti in altri partiti, in diretta concorrenza con sindaca e M5S. Terzo: la ‘spinta’ di potenti gruppi bancari che potrebbero decidere di utilizzare uno o più imprenditori spregiudicati come ‘teste di legno’ proprio per puntare a lasciare ‘appeso’ il progetto dello stadio fino alla prossima consiliatura e poi, presto o tardi, ottenere comunque qualche altro progetto sempre a Tor di Valle, magari più piccolo dello stadio, come accaduto una infinità di volte in passato.
VITEK BATTE CASSA
Molti articoli di stampa, in seguito alla vendita dei terreni di Tor di Valle, parlano dell’uscita di scena del Gruppo Parnasi dall’affaire stadio, sostenendo che comunque Eurnova (la società-madre del Gruppo Parnasi, da tempo in forte crisi economica) “ce la sta mettendo tutta – così si leggeva nei giorni scorsi sulla stampa – per non far andare in porto quest’ultimo atto amministrativo”, ossia il voto del Consiglio. Inoltre Giuseppe Colombo, amministratore del Gruppo Vitek, sta battendo forti i pugni per incontrare la sindaca a cui chiede “chiarezza in una vicenda che si sta protraendo da tanto tempo. Da parte nostra c’è la piena disponibilità ad intavolare un dialogo costruttivo”. Tor di Valle è un’area non edificabile in base a norme nazionali, regionali e comunali, non è chiaro quindi cosa vogliano ottenere gli emissari del Gruppo Vitek con le pressioni che starebbero operando verso la Raggi, indebolita comunque dall’attuale situazione della sua maggioranza.