Continua il viaggio nel mondo dell’associazionismo di categoria del nostro territorio per capire gli effetti della crisi. Romolo Guasco, il Direttore della Confcommercio Roma dall’agosto 2020, ci ha rilasciato una lunga intervista per capire che anno sarà questo 2021 e da dove ripartire.
Qual è la situazione del commercio romano?
“La situazione è drammatica, noi abbiamo fatto un focus con il nostro centro studi, prevediamo chiusure tra il 2020 e primo trimestre 2021 di circa 16mila aziende del terziario, tra cui commercio, turismo, servizi, che hanno chiuso e non riapriranno più. Questo può portare a una diminuzione, tra Roma e provincia, di circa 50mila posti di lavoro e sono dati causati dalla pandemia che si è andata a sommare alla crisi economica del 2008 e alla mancanza di una visione strategica per il futuro della nostra città”.
Che anno sarà questo, c’è previsione di ripresa?
“Noi dobbiamo essere per forza ottimisti, intanto speriamo che ci sarà un governo nazionale più forte perché ovviamente quando c’è un governo forte si rafforza tutto il sistema delle decisioni politiche ed economiche anche a livello territoriale. Poi dipenderà molto da come va la pandemia, speriamo che il piano vaccinale vada bene: se riuscissimo entro l’estate a vaccinare buona parte della popolazione, sarebbe un bel segnale e un primo spiraglio. È chiaro poi che non si possono togliere gli strumenti straordinari finché non c’è un ritorno alla normalità”.
Da dove bisogna ripartire?
“Vanno presi provvedimenti per le imprese, ad esempio favorendo l’accesso al credito per quelle aziende che hanno avuto difficoltà nel 2020 e continueranno ad averle nel 2021. Il ruolo della Regione Lazio è fondamentale perché dovrebbe usare di più i fondi europei per rafforzare linee di garanzia al credito. E concordiamo anche con la richiesta fatta dalla sindaca Raggi: lo Stato deve coprire la diminuzione di alcune imposte locali, assurdo che i ristoratori ad esempio paghino la tassa sui rifiuti come se lavorassero 365 giorni l’anno. Se il 2021 fosse un anno senza tasse locali, una specie di anno bianco, sarebbe davvero un segnale importante per le imprese”.
Zone gialle e arancioni, chiusura dei locali alle 18, coprifuoco. Sono divieti razionali secondo lei?
“Appare evidente che queste chiusure, più che da dati scientifici, sono motivate dall’obiettivo di limitare convivialità e spostamenti delle persone. Irrita la definizione di attività economiche “non essenziali” fatta fin dall’inizio e sorprende che siano stati presi di mira luoghi di socialità dove è molto più facile controllare. Non si è vista la stessa solerzia sui mezzi pubblici dove non mi pare non ci sia nessun tipo di vigilanza. Speriamo che nei prossimi giorni ci sia un cambio, la nostra associazione sta lavorando a livello nazionale per le riaperture serali”.
Che anno sarà?
“Spero che il 2021 possa essere un anno di transizione che permetta di concentrarsi sulle manutenzioni straordinarie e sul completamento di opere che in questa città sono ferme da anni, penso al Centro Congressi dell’Eur, all’ex Fiera di Roma agli ex Mercati generali. Tanti cantieri immaginati, bloccati e che devono ripartire”.
Visto che sarà anche l’anno delle elezioni mi dà un giudizio sull’amministrazione Raggi.
“Questa amministrazione certamente ha faticato molto, io credo che la sindaca abbia avuto un grande consenso popolare figlio di stagioni di incapacità che hanno portato la capitale molto in basso. Questo consenso però poi si è scontrato con tanta improvvisazione e lo abbiamo visto nei continui cambi in Giunta e anche nelle municipalizzate. La città è andata avanti nell’ordinarietà ma non abbiamo mai visto, nemmeno immaginare, quegli scatti di cui una capitale come Roma ha bisogno: niente di nuovo su turismo, sul trasporto pubblico, sull’attrazione di investimenti produttivi. E’ mancato il confronto con le imprese e alcune scelte amministrative sono state sbagliate. Personalmente riconosco un’onestà “civica” al lavoro della Raggi ed una evoluzione rispetto all’inizio, ma Roma ha bisogno di una politica con maggiore visione e ambizione”.
Che sindaco sognate? Tre assi su cui costruire il futuro della Capitale
“Ora bisogna concentrarsi sui “fondamentali”, ma con ambizione. Il primo punto è pensare al modello di governo e all’efficientamento dei servizi della Pubblica Amministrazione romana. Serve un nuovo assetto di “governance” tra Stato nazionale, Regione e Città metropolitana. I problemi di Roma si affrontano con un lavoro comune tra i diversi livelli istituzionali. Questa assenza si riflette su tanti problemi pratici di cittadini e imprese. Abbiamo un serio e drammatico problema di servizi che con la pandemia e lo smartworking si è aggravato. Le faccio l’esempio dell’Ufficio Condono Edilizio: è lentissimo e di conseguenza sono praticamente bloccati molti atti di compravendita. Il secondo punto su cui bisogna investire tanto è il trasporto pubblico locale che va rivisto completamente. Siamo rimasti ad una pianificazione che risale agli anni 80-90, con le vecchie linee A, B e una C da completare chissà quando, e dove il trasporto su gomma si muove sempre sulle stesse vie e l’anello ferroviario ancora non è chiuso. Non si interviene su alcune tratte con tanti problemi, come la Roma-Lido. E poi la Ztl. Come è noto noi abbiamo protestato con l’Amministrazione comunale per la riattivazione della Ztl in questo periodo di pandemia, soprattutto durante i saldi. Ma la Ztl stessa fa parte di un disegno datato di mobilità, che non è stato accompagnato da nuovo trasporto pubblico e nuovi parcheggi di scambio: non aboliamola ma discutiamone con chi opera ogni giorno dentro la città. Il terzo punto, anche se ce ne sarebbero tanti altri, non può essere però che la questione rifiuti. Non c’è dubbio che finché Roma non fa uno o due termovalorizzatori, vivrà sempre con tariffe altissime e un servizio poco efficiente. Il ciclo industriale dei rifiuti è un lavoro complesso che AMA da tempo non riesce a portare a termine, anche per mancate scelte dopo la chiusura di Malagrotta. Servirebbero serie scelte amministrative e l’intervento di nuovi soggetti di grande professionalità, anche privati. Ecco, già con questi tre punti potremmo creare condizioni di vita affinché prima di tutto i cittadini vivano bene nella loro città e poi affinché tornino investimenti internazionali e i turisti, anche una seconda e terza e volta”.
Ma si ritornerà mai come prima, c’è chi dice che il futuro è lo smartworking
“Io non parto prevenuto sullo smartworking, anche lì bisognerà saper cogliere le opportunità. Mi piace molto, ad esempio, lo slogan della città di Parigi tutto in 15 minuti: è abbastanza semplice svuotare un ufficio e dire al lavoratore che può tranquillamente accendere un pc e fare tutto da casa, ma è un po’ più difficile che tutti gli appartamenti di una metropoli come Roma siano luoghi piacevoli per lavorare con efficienza tutti i giorni. Molti gradirebbero avere nei quartieri dei luoghi dove lavorare in un ambiente tranquillo e ospitale, magari anche pagando un abbonamento, e avendo una buona connessione, una stampante professionale e una segreteria comune, dei servizi di ristorazione e per la persona … Ci sono tante aree industriali dismesse, edifici abbandonati nei quartieri residenziali dove arrivare facilmente: spesso si propone di realizzare servizi culturali per il quartiere, forse potremmo far evolvere queste proposte e creare di luoghi lavoro e di aggregazione, che permetterebbero di rilanciare i negozi di quartiere, biblioteche e librerie, luoghi per lo spettacolo. Questo avrebbe ricadute positive sulla qualità della vita, sul traffico e sull’inquinamento e aiuterebbe a rendere finalmente questa bellissima città più vivibile”.